PALERMO. "Veniva qualcuno ogni mese nel negozio del Borgo Vecchio e si prendeva i soldi. Volevano 500 euro al mese per le feste di quartiere, dicevano. Era mio figlio a consegnarglieli. Non è che c'erano delle scadenze. Venivano ogni tanto. Preferivamo pagare per stare tranquilli". E' questo il racconto di un commerciante che ha deposto nel processo Panta Rei scaturito dall'inchiesta che portò al fermo di 38 persone a dicembre 2015, molti sarebbero gli appartenenti al clan di Porta Nuova. E ci sarebbe stata una donna al vertice: Teresa Marino moglie di Tommaso Lo Presti, aveva ricevuto il delicatissimo compito di aiutare economicamente le famiglie dei carcerati. Nel blitz finirono in carcere anche Domenico e Giuseppe Tantillo del Borgo Vecchio. Il secondo da qualche tempo collabora con i pm. Nella prossima udienza deporrà in video conferenza il neo pentito di Resuttana Giovanni Vitale, soprannominato il "panda". Le ultime confessioni sono state depositate al processo che si svolge davanti al gup Nicola Aiello. Il commerciante che ha deposto oggi non ha però riconosciuto il presunto estorsore. “Andavano da mio figlio”, ha detto. “Io non li ho mai visti”. Dalle indagini dei pubblici ministeri emerge, ancora una volta, che il mandamento di Porta Nuova è il più influente della città, indipendentemente da chi lo governi. Nel blitz finirono i cella i capimafia delle tre famiglie che ne fanno parte: Porta Nuova, Palermo centro e Borgo Vecchio. Così come in cella sono finiti pure i boss di Bagheria e Villabate, pronti a raccogliere le macerie di un mandamento fiaccato dalle operazioni. Sul fronte pizzo, sono una trentina le estorsioni - tentate e consumate - contestate agli indagati. Solo quattro commercianti hanno denunciato spontaneamente di essere rimasti vittima del racket. Tutti gli altri lo hanno fatto solo dopo essere stati messi con le spalle al muro dall'evidenza delle indagini. Quando ormai per loro si profilava l'incriminazione per favoreggiamento aggravato hanno scelto di stare dalla parte dei carabinieri.