PALERMO. Sei ordinanze di custodia cautelare per l'omicidio dell'avvocato Enzo Fragalà, ucciso il 26 febbraio del 2010. Il legale morì dopo tre giorni di agonia all'ospedale Civico. Secondo quanto ricostruito Fragalà sarebbe stato ucciso perchè avrebbe spinto alcuni suoi clienti a collaborare con la magistratura. Il suo omicidio, insomma, sarebbe stato una sorta di messaggio che intendeva mandare Cosa Nostra. Sono stati colpiti dall'ordinanza di custodia cautelare Antonino Abbate, Salvatore Ingrassia, Antonino Siragusa, Paolo Cocco e Francesco Castronovo, Francesco Arcuri. Le indagini, coordinate dalla Procura distrettuale di Palermo diretta da Francesco Lo Voi (coadiuvato dai magistrati Leonardo Agueci, Francesca Mazzocco, Caterina Malagoli e Nino Di Matteo) e sfociate negli arresti di oggi da parte dei carabinieri, hanno trovato la svolta a seguito di nuove intercettazioni e la collaborazione di alcuni indagati. Intercettazioni che sono state determinanti a capire tutti i retroscena di un mistero durato ben sette anni e che ha avuto tanti colpi di scena. Fragalà fu aggredito davanti al suo studio, a due passi dal tribunale, il 23 febbraio del 2010. Morì per le gravissime lesioni cerebrali tre giorni dopo, nella rianimazione dell'ospedale Civico. Secondo gli inquirenti, nel luglio del 2013 e nel gennaio del 2014, all'interno del carcere di Parma, sono stati intercettati due distinti colloqui tra quello che era considerato il capomafia di Porta Nuova, Giuseppe Di Giacomo e il fratello ergastolano, Giovanni Di Giacomo. Durante queste conversazioni è emerso chiaramente come i due boss sapessero che i killer di Fragalà fossero affilliati al mandamento di Porta Nuova e in particolare alla famiglia di Borgo Vecchio. Ed infatti il 27 aprile 2015 Francesco Chiarello, affiliato proprio al clan Borgo Vecchio, inizia a dire di volere collaborare con la giustizia, e durante il primo interrogatorio ammette di essere a conoscenza delle modalità con cui è stato ucciso Fragalà, indicando gli autori dell'agguato. Secondo i carabinieri e dalle parole di Chiarello emerge chiaramente come sia stato Francesco Arcuri ad organizzare e pianificare l'agguato, una vera e propria spedizione punitiva, anche non partecipando all'omicidio in prima persona. Abbate avrebbe "individuato" la vittima e fornito copertura agli aggressori, Siragusa e Ingrassia avrebbero anche loro partecipato alla fase organizzativa, mentre i killer materiali, quelli che per intenderci hanno usato la mazza con la quale fu massacrato Fragalà, sarebbero stati Cocco e Castronovo. Le indagini hanno fatto emergere, con chiarezza, quale era la linea di Fragalà nei confronti dei suoi clienti, quelli di spingerli ad una maggiore apertura nei confronti della magistratura. Quindi, si legge nell'ordinanza, il delitto rientra nell'ottica del segnale mandato da Cosa Nostra. Un segnale per acquistare maggior rispetto nei confronti dell'organizzazione mafiosa, sia da parte dei suoi esponenti sia parte dell'avvocatura palermitana in generale. Quel rispetto che Fragalà non aveva portato, secondi gli esponenti di Cosa Nostra. Chiarello ha dichiarato che l'ordine di aggredire il penalista era stata impartito perchè, si legge in alcune intercettazioni, "chistu era un curnutu e sbirro" e "doveva parlare più poco". "Non ci toccate se nè soldi e se ha oggetti, perchè lui deve capire che non è una rapina, deve capire che deve parlare poco".