PALERMO. La tragica traversata dalla Libia in Italia, il carcere, l'assoluzione e, infine, la strada. Sono da giorni senza un tetto, ospiti nella Missione Speranza e Carità di Biagio Conte, tre dei migranti assolti pochi giorni fa dal processo sulla morte di 9 migranti cristiani avvenuta a bordo di un barcone, durante uno degli sbarchi dell'aprile 2015. Secondo l'accusa, i nove sarebbero stati uccisi a seguito di una lite scoppiata per motivi religiosi, la tesi dell'odio religioso non è stata però riconosciuta nel corso del processo. Dei 15 imputati, sei sono stati condannati per omicidio.
Dopo 22 mesi di reclusione nel carcere Pagliarelli di Palermo, invece, Jean Baptiste Nabie, Mousa Kamagnate e Kaba Somaura, tre degli otto assolti per non avere commesso il fatto, sono stati scarcerati il 20 febbraio scorso. Da quel giorno, si ritrovano inermi a girovagare per la città, senza un posto dove andare. Rimasti fuori dal circuito dell'accoglienza, i tre ragazzi non hanno documenti e sulle loro spalle pesa un decreto di espulsione notificato al momento della scarcerazione.
"Una volta usciti dal carcere, dopo 22 mesi di ingiusta detenzione, si ritrovano senza nessun punto di riferimento né un luogo dove andare - spiega l'avvocato Giuseppe Brancato che li ha difesi nel processo -. Sono riusciti a trovare posto al dormitorio di Biagio Conte, ma la loro situazione resta complessa".
Poco più che ventenni, provenienti dalla Costa d'Avorio, i tre giovani erano partiti dal loro Paese alla volta dell'Europa con l'intento di costruirsi un futuro migliore.
"Storie che umanamente ti segnano. Hanno intrapreso il lungo viaggio convinti che qui avrebbero potuto trovare lavoro, lasciando per sempre lo stato di povertà da cui provengono - racconta il legale -. 'Qua almeno abbiamo la possibilità di sognare', mi hanno detto. Oggi, invece, si ritrovano spaesati e senza una meta. Paradossalmente, finché erano in carcere avevano un obiettivo: riavere la libertà. Adesso non hanno più neanche questo".
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