PALERMO. Centinaia di persone hanno partecipato all'assemblea “Fora U G7”, iniziativa di protesta contro il G7 di Taormina, che si svolgerà fino a domenica presso la facoltà occupata di Lettere e Filosofia, all'Università di Palermo.
Durante l'incontro, si sono susseguiti interventi dei vari rappresentanti dei movimenti studenteschi e sociali a livello nazionale e internazionale. Erano presenti infatti rappresentanti dalle città di Bologna, Torino, Pisa, Napoli, Val di Susa, Cagliari, Sparanise (in provincia di Caserta), Cosenza, Reggio Calabria, Roma, Benevento. Tanti i partecipanti anche dal resto della Sicilia, dalle province di Catania, Messina, Siracusa, Agrigento, Trapani.
A Palermo sono giunte anche delegazioni dai Paesi Baschi, Corsica, Germania e Catalogna.
"Domenica, con la conclusione dei lavori assembleari - tengono a specificare gli studenti - si concluderà anche l'occupazione della facoltà per permettere e garantire il normale svolgimento della didattica".
Risale a circa un mese fa la creazione della pagina facebook “La Sicilia contro il G7”, portavoce del dissenso allo svolgimento del meeting delle sette grandi potenze mondiali in Sicilia.
“Con l'occupazione studentesca della facoltà possiamo dire che prende ufficialmente inizio la mobilitazione contro il G7 in Sicilia, una mobilitazione di cui noi studenti saremo assolutamente protagonisti perché fermamente coscienti di come l'università di oggi sia specchio di interessi privatisti e di potere - afferma Federico Guzzo, studente di Scienze politiche -. La riforma Moratti e la riforma Gelmini hanno causato la diminuzione progressiva dei finanziamenti statali agli Atenei e costretto i ricercatori e gli aspiranti tali ad una stato di totale precarietà. In questa ottica le università diventano collettore e mediatore di piccoli, medi e grandi interessi economici e speculativi, per lo più locali e regionali ma anche nazionali e internazionali. Ecco che l' università assume le vesti del marketing territoriale tentando di diventare una sola cosa con esso. Sono le aziende che decidono i progetti di ricerca, sono loro che stabiliscono budget e condizioni di lavoro perché sono loro i finanziatori. Non crediamo di dover restare a guardare una tale presa in giro da parte di chi ci governa e di chi continua ad utilizzare le nostre vite e i nostri territori per i loro giochi di profitto e di guerra - prosegue -. Per questo come studenti prendiamo posizione per resistere alla distruzione di una università pubblica sempre più distante da noi, che ne siamo i soli e veri protagonisti".
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