PALERMO. Settemila euro divisi in due tranche, da tre e da quattromila, per comprare un centinaio di voti per volta, dalla famiglia del Borgo Vecchio, alle comunali e alle regionali del 2012. Ma non solo questo.
Dalle pieghe dell’inchiesta per voto di scambio politico-mafioso su Fabrizio Ferrandelli, interrogato ieri mattina in Procura, a Palermo, per tre ore, viene fuori una storia del tutto autonoma, diversa: quella di un «aiuto» che sarebbe stato chiesto dall’ex deputato regionale ad Antonino Parisi, sindaco di un Comune, Altavilla Milicia, sciolto per infiltrazioni di Cosa nostra due volte, a gennaio 2014 e di nuovo all’inizio dell’anno scorso, per effetto di due contrapposte sentenze di Tar e Consiglio di Stato.
Non c’è ancora una contestazione formale, separata: ma c’è anche questo, nell’indagine che per adesso (perlomeno nella contestazione) prende in considerazione solo la vicenda dei voti dati in cambio di soldi, che sarebbero stati consegnati da un emissario di Ferrandelli direttamente al mafioso Giuseppe Tantillo, oggi pentito. Che parla pure di un concerto di un cantante neomelodico nella piazza del Borgo, spiegando che sarebbe stato organizzato sempre a spese del candidato sindaco (non eletto, benché andato al ballottaggio con Leoluca Orlando).
«A quanto pare stamani sono diventato protagonista, ancora una volta in negativo, della campagna elettorale a Palermo, poichè uno pseudo collaboratore ad orologeria asserisce che ho fatto, oppure avrei chiesto (ancora non l'ho capito), un favore a Fabrizio Ferrandelli. Ritengo che la giustizia italiana abbia toccato davvero il fondo del barile se si attacca a queste esternazioni fantasiose». Lo dice Nino Parisi, ex sindaco di Altavilla Milicia (comune sciolto per mafia nel 2014 e poi lo scorso anno a causa di due diverse sentenze del Tar e del Consiglio di Stato), tirato in ballo nell'inchiesta sul voto di scambio politico-mafioso che vede indagato Ferrandelli, candidato a sindaco di Palermo, ascoltato ieri per tre ore dai pm.
«Smentisco categoricamente sia il fatto di avere mai ricevuto o reso un qualsiasi favore a Ferrandelli; ma, soprattutto, come avrebbe potuto mai il collaboratore a orologeria Vincenzo Gennaro (collaboratore di giustizia, ndr) sapere di questo episodio dal momento che egli non rientrava fra la schiera delle mie frequentazioni nemmeno occasionali? È chiaro - aggiunge - che oggi le parole calunniose di un criminale valgano più di quella di un incensurato, ma la misura ormai è colma. Invito tutti a leggere i dispositivi, sia del Tar Lazio che quelli del Consiglio di Stato. Vi accorgerete che la mia persona ne esce abbastanza riabilitata».
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