PALERMO. Prosegue senza esclusione di colpi la battaglia legale tra Rosario Basile, l’ex presidente della Ksm finito sotto inchiesta, e l’ex amante che lo ha denunciato per minacce, violenza privata e ritorsioni. Secondo l’amante, l’uomo d’affari palermitano avrebbe organizzato un piano per non riconoscere il bimbo nato dalla loro relazione sentimentale e l’avrebbe anche licenziata, mettendo in scena una relazione della donna con un altro dipendente. Oltre alle indagini penali, una sulle minacce subite dalla donna e una sulla falsificazione di alcuni documenti depositati al giudice del lavoro, sono in piedi anche un processo civile per il riconoscimento del bambino e un processo davanti al giudice del lavoro per il licenziamento. Il giudice del lavoro nei giorni scorsi ha proposto un accordo alle parti che prevede il versamento di 14-15 mensilità all’ex amante di Basile. L’ex patron della Ksm si è detto disponibile, ma l’avvocato della donna ha mandato una lettera ai legali di Basile ritenendo congrua la cifra di “cento mila euro per 24-25 stipendi, risarcimento per il danno, le vessazioni e lo screditamento pubblico. […] Considerando che potrebbe essere interesse della società porre fine alla vicenda anche a mezzo silenzio stampa da parte della lavoratrice”. Un tipo di accordo che per il legale di Basile, Nino Caleca, è da rigettare. Nel procedimento civile per il riconoscimento del figlio, invece, la donna - attraverso il suo legale Antonella Arcoleo - chiede che vengano riconosciuti 200 mila euro al bimbo a titolo di risarcimento per il mancato godimento della figura paterna. "Dispiace - dice Antonella Arcoleo - leggere le dichiarazioni di assunzione di responsabilità da parte dell'ormai acclarato e confesso padre ed appurare come tali dichiarazioni di intenti cozzino, in maniera più che evidente, con il comportamento processuale sinora tenuto. Finora, infatti, Basile non ha fatto nulla per riconoscere il bambino. Dispiace ancor più pensare che dalla data della prima dichiarazione ad oggi, ben si sarebbe potuto porre fine alla vicenda e, perché no, porre le basi per un rapporto genitoriale che la madre, ad oggi e nonostante tutto, si augura ed auspica". Intanto, il giudice – visto l’affievolimento delle esigenze cautelari – ha disposto il divieto di dimora a Palermo invece che l’obbligo di dimora a Milano