PALERMO. Vertice in Procura a Palermo, stasera, per fare il punto sulle indagini in merito alle presunte firme false apposte alle liste elettorali presentate alle comunali del 2012 dal Movimento Cinque Stelle. Il procuratore Francesco Lo Voi, l'aggiunto Dino Petralia e la pm Claudia Ferrari si riuniranno per decidere le prossime attività investigative. Dopo l'esame a sommarie informazioni di una serie di testimoni e gli interrogatori di due attivisti che avrebbero ammesso i falsi, tirando in ballo altri esponenti del movimento coinvolti, dovrebbero essere disposti, per la prossima settimana, gli interrogati degli altri indagati. A svelare dettagli sul caso sarebbe stata la deputata regionale Claudia La Rocca. Non si conosce, invece, il nome dell'altro «grillino» che ha deciso di parlare con gli inquirenti. L'inchiesta, inizialmente a carico di ignoti, ora con iscritti nel registro degli indagati, è stata aperta dopo le denunce, fatte alla trasmissione Le Iene, dall'attivista Cinque Stelle Vincenzo Pintagro. Quest'ultimo ha raccontato che nella raccolta delle firme era stato fatto un errore formale e per rimediare, visto che i tempi per la presentazione stringevano e sarebbe stato impossibile ricontattare i sostenitori della lista per farli firmare di nuovo, si era deciso di ricopiare le sottoscrizioni. L'attivista ha puntato il dito contro Claudia Mannino (ora deputata) e Samantha Busalacchi (ora collaboratrice del gruppo di M5S all'Ars) indicandole come le responsabili del falso. Ma a sapere della vicenda sarebbero stati in tanti. E in tanti sarebbero stati presenti mentre le due donne copiavano dagli originali. La Procura ipotizza il reato previsto dall'articolo 90, secondo comma, del Testo Unico 570 del 1960 che punisce con la reclusione da due a cinque anni, tra l'altro, «chiunque forma falsamente, in tutto o in parte, liste di elettori o di candidati od altri atti dal presente Testo Unico destinati alle operazioni elettorali, o altera uno di tali atti veri oppure sostituisce, sopprime o distrugge in tutto o in parte uno degli atti medesimi». «Chiunque fa uso di uno dei detti atti falsificato, alterato o sostituito, - recita la legge - è punito con la stessa pena, ancorchè non abbia concorso nella consumazione del fatto».