PALERMO. Ergastolo per i fratelli Salvatore e Pietro Scaduto. La corte d’assise di Palermo non ha creduto alla loro versione dei fatti sull’omicidio di Juan Ramon Fernandez Paz e Fernando Pimentel nel 2013. Più convincente per i giudici il collaboratore Giuseppe Carbone che nelle ultime udienze ha spiegato nuovamente la dinamica dell’omicidio. Il pentito era stato risentito dalla corte che decise, dopo tre ore di camera di consiglio, di fare un’ordinanza al posto della sentenza attesa. Carbone, condannato in abbreviato a 16 anni per il duplice omicidio, ha spiegato meglio i tempi dell'occultamento dei cadaveri che secondo la difesa non sarebbero compatibili con la dinamica dell'omicidio. In più, secondo il pentito non avrebbe influito sul delitto la lussazione alla clavicola di Pietro Scaduto, che se la fece refertare al pronto soccorso. "Si muoveva bene, eventuali problemi alla spalla non hanno influito sull'omicidio", ha detto. Fu grazie alle dichiarazioni di Carbone che i carabinieri del Ros nel maggio 2013 trovarono i corpi dei due spagnoli, al soldo dei narcos canadesi, crivellati di colpi d'arma da fuoco e bruciati in contrada Fiorolli, nelle campagne di Casteldaccia. Salvatore e Pietro Scaduto di Bagheria hanno sempre respinto ogni accusa. Secondo la ricostruzione degli inquirenti e di Carbone, l'uccisione dei due spagnoli è inserita nella faida della mafia canadese. La corte ha disposto il risarcimento, da quantificare in sede civile, per il Centro Pio La Torre, rappresentato dagli avvocati Francesco Cutraro ed Ettore Barcellona.