PALERMO. Dopo oltre otto ore di camera di consiglio, la corte d’assise di Palermo ha condannato tre persone coinvolte nell'omicidio di Antonino Zito, avvenuto nel dicembre del 2013 e maturato nell'ambiente degli spacciatori di droga. Ha avuto 27 anni Pietro Mazzara, difeso dagli avvocati Salvatore La Vardera e Marco Clementi, 30 anni Maurizio Pirrotta, assistito da Raffaele Bonsignore e Monica Lo Iacono. Cinque anni per Carmelo Ferrara, accusato di favoreggiamento e difeso da Domenico Trinceri. Sono tutti residenti nel quartiere palermitano di Bonagia. La corte ha disposto risarcimenti per la famiglia delle vittime assistita dall’avvocato Monica Genovese. Dopo la lettura del verdetto in aula è scoppiato il caos e i carabinieri hanno dovuto fare allontanare parenti e amici degli imputati che inveivano contro la corte. Il pubblico ministero palermitano Maurizio Bonaccorso è stato aggredito e colpito con un pugno al viso dai familiari di due imputati condannati. Giudici, avvocati e familiari della parte civile sono stati costretti a barricarsi nell'aula. A riportare la calma sono stati i carabinieri in servizio in tribunale. Le indagini furono avviate il 18 dicembre 2012, quando i familiari di Zito ne denunciarono la scomparsa. Il corpo carbonizzato del giovane, con precedenti penali per traffico e spaccio di stupefacenti, fu scoperto il giorno dopo in contrada Spedalotto Valdina, una zona agricola nei pressi di Bagheria. Il cadavere, reso irriconoscibile dal fuoco, fu identificato grazie ad alcuni tatuaggi e, soprattutto, alla fede nuziale. Zito sarebbe stato ucciso con un colpo di pistola alla testa, dopo essere stato costretto a inginocchiarsi: una vera e propria esecuzione. Subito dopo il suo corpo sarebbe stato dato alle fiamme per renderne difficile l'identificazione. Le indagini dei carabinieri hanno consentito di accertare che la vittima avrebbe incontrato prima della scomparsa Carmelo Ferrara e gli altri due in un chiosco per le vendita di cibo da strada del quartiere Bonagia. Le indagini, che si sono avvalse anche di intercettazioni telefoniche, hanno consentito di inquadrare il delitto nell'ambiente dello spaccio degli stupefacenti.