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Traffico di migranti, nelle prove dei pm contro eritreo pure immagini di cadaveri

PALERMO. Foto e video trovati nel cellulare, immagini di cadaveri smembrati, tracce lasciate da profili Facebook, decine e decine di messaggi, intercettazioni e il primo responso della consulenza fonica su alcune conversazioni telefoniche: sono gli elementi che provano il ruolo nell'organizzazione di trafficanti di uomini che gestisce i viaggi dei migranti tra l'Africa e la Sicilia dell'eritreo arrestato in Sudan il 25 maggio ed estradato in Italia i primi di giugno nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Palermo sul network criminale.

I pm Gery Ferarra e Claudio Camilleri e l'aggiunto Maurizio Scalia hanno depositato una memoria di 26 pagine agli atti dell'udienza preliminare in corso a carico dell'africano che si dice vittima di un errore di persona e sostiene di essere un profugo intenzionato imbarcarsi per l'Italia. Ma le indagini effettuate dalla Procura di Palermo sembrano escludere ogni dubbio sulla sua responsabilità.

I pm elencano in 17 punti gli elementi raccolti sull'uomo identificato all'inizio dell'inchiesta in Mered Medhanie Yehdego, nome che potrebbe però essere uno dei tanti alias del trafficante emersi dalle analisi dei diversi profili aperti dall'africano sui social. Tra i principali, la comparazione fonica tra la voce del trafficante intercettata nell'indagine sul network criminale di due anni fa, in cui emerse il ruolo dell'eritreo, e una serie di telefonate registrate sull'utenza trovata in possesso e usata dall'estradato. Il consulente ha concluso per una compatibilità tra le voci.

L'uomo ricercato che parlava al telefono dei viaggi verso la Sicilia sarebbe lo stesso finito in manette a maggio e poi portato in Italia. L'africano, comunque, non ha voluto sottoporsi a un nuovo saggio fonico richiesto dal consulente della Procura per maggiore certezza. Dall'indagine, effettuata ricostruendo le tracce lasciate su Fb dal trafficante, - fondamentale è stata la collaborazione del social - è emerso poi che, contrariamente a quanto da lui detto durante l'interrogatorio di garanzia, nel 2014 si trovava in Sudan. Lo accerta l'ip del computer da cui accedeva a Fb. E proprio in Sudan venne intercettato dai pm che indagavano sulla tratta. L'eritreo, invece, ha dichiarato che in quel periodo si trovava tra l'Eritrea e l'Etiopia.  Sul cellulare trovato all'africano durante l'arresto, cellulare di cui l'uomo non ha mai smentito l'uso, inoltre, sono stati trovati video di migranti che effettuano la traversata del deserto e immagini raccapriccianti di cannibalismo e cadaveri smembrati. Sempre nel telefonino c'erano le foto della moglie, una eritrea che vive in Svezia le cui tracce sono state seguite dagli investigatori per arrivare al trafficante, e del loro bambino.

L'estradato, invece ha smentito di conoscere la donna. Recuperati, inoltre, messaggi sul social Viber in cui l'africano parla di denaro da ricevere, di viaggi verso l'Italia, di barconi. «Mi servono per lavorare con la barca», spiega in una delle chat riferendosi ai soldi. Una delle password fornite agli inquirenti per accedere a uno dei suoi due profili Fb corrisponde, poi, al soprannome con cui l'uomo è conosciuto dai familiari: Filmon. Tra i biglietti di carta trovati all'eritreo, poi, ce ne è uno con un numero di telefono noto agli investigatori. Dall'inchiesta sulla rete di trafficanti di due anni fa tra il ricercato e quel numero risultarono 78 telefonate nel corso delle quali si parlava di organizzazione di viaggi di migranti. L'udienza preliminare è stata rinviata al 21 settembre.Nel cellulare sequestrato all'eritreo arrestato in Sudan ed estradato a giugno in Italia con l'accusa di traffico di migranti sono state trovate fotografie di cadaveri smembrati e scene di cannibalismo. Emerge dalla memoria depositata dai pm di Palermo che ricercavano l'africano nell'ambito di una inchiesta su una delle principali reti criminali transnazionali che gestiscono il traffico di esseri umani tra l'Africa e la Sicilia. La scoperta è ritenuta particolarmente interessante dagli inquirenti - l'inchiesta è coordinata dai pm Geri Ferrara e Claudio Camilleri - soprattutto alla luce delle dichiarazioni rilasciate dal primo pentito del network criminale, Atta Wehabrebi che ha raccontato che chi, tra i migranti, non riusciva a pagare la somma pattuita per il viaggio veniva ucciso e usato per il traffico di organi.

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