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La mafia e gli affari col caffè: due condanne a Palermo

PALERMO. Quando partì l'inchiesta con i sequestri, si parlò del "caffè della mafia". Il nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza scoprì infatti che dietro la società "Caffè Floriò", che riforniva decine di locali a Palermo e in tutta la Sicilia, ci sarebbe un uomo ritenuto da sempre vicino a Totò Riina: Francesco Paolo Maniscalco, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa.

Questa mattina, con il rito abbreviato, Maniscalco ha avuto sei anni per intestazione fittizia, due anni a Francesco Paolo Davì, presunto prestanome. Altre dieci persone hanno scelto il rito ordinario.

Nel 2012 la "Caffè Floriò sas di Zaccheroni Maria e c.", con sede legale in via Paolo Emiliani Giudici, era stata sequestrata dal gip Riccardo Ricciardi su richiesta del procuratore aggiunto Antonio Ingroia e del sostituto Dario Scaletta. Intercettazioni e accertamenti patrimoniali svelarono che Maniscalco si occupava quotidianamente delle sue società, soprattutto la "Caffè Floriò" che era il fiore all'occhiello del patrimonio del boss. Secondo la ricostruzione della Procura, i titolari di molti bar sarebbero stati avvicinati con modi alquanto sbrigativi perché acquistassero il caffè Florio.

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