PALERMO. Angelo Niceta, rampollo della famiglia palermitana che è stata proprietaria di una famosa catena di negozi d’abbigliamento, ha deciso di rompere con il passato. E’ andato dai pm perché si voleva liberare di “un peso”, rivelando i rapporti fra suo zio Mario e il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro. Ma il passato ritorna e questa mattina Angelo Niceta è stato rinviato a giudizio per bancarotta, proprio per il fallimento della storica catena di negozi. Il processo comincerà il 18 luglio davanti al Tribunale di Palermo. Il padre, Onofrio, ha invece scelto l’abbreviato che si svolgerà davanti al gup Lorenzo Matassa a ottobre.
Angelo Niceta è sotto protezione per le sue dichiarazioni ai pm Pierangelo Padova e Nino Di Matteo. Angelo accusa anche i figli di Mario: Massimo, Piero e Olimpia, dopo la morte del padre sono diventati gli eredi dell'impero sequestrato nel 2007. I suoi verbali sono finiti al processo sulla trattativa Stato-mafia e al tribunale Misure di prevenzione, dove si discute della sorte del patrimonio dei Niceta. Un tesoro da 50 milioni di euro, diviso in 11 società che si occupano della gestione dei negozi di abbigliamento, ma anche di un grande patrimonio immobiliare composto da 12 fabbricati e 23 terreni.
Niceta ha spiegato che dall'87 il padre maturò la decisione di troncare i rapporti “nei limiti del possibile” con il fratello Mario, dopo alcune vicende riguardanti alcune società che, ha ricordato lo stesso Angelo Niceta, “furono persino regalate ad una cifra irrisoria davanti ad un notaio che poi neanche fu corrisposta a mio padre”.
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