PALERMO. L’imprenditore Marcello Sbeglia, già raggiunto dalle misure di prevenzione del tribunale di Palermo, non poteva essere socio o titolare di imprese nel 2012. Così avrebbe approfittato di alcuni prestanome per continuare nella sua attività di costruttore.
Questa la tesi della Procura che oggi ha chiesto e ottenuto le condanne per Gaetano e Provvidenza Troia, padre e figlia, che hanno avuto una pena rispettivamente di un anno e otto mesi e un anno e quattro mesi per intestazione fittizia, con il rito abbreviato. L’accusa era sostenuta dai pm Francesca Desssì e Gaspare Spedale.
I Troia erano titolari di un’impresa edile che avrebbe costruito immobili a Palermo e Bagheria, avendo come reale socio Sbeglia.
Gaetano Troia finì in manette nel 2014, nell’inchiesta sul presunto accordo tra gli imprenditori Ponte, i big degli alberghi a Palermo, e la famiglia Sbeglia, coinvolta in diverse inchieste di mafia.
L’intesa, secondo gli inquirenti, sarebbe stata consacrata all' inizio degli anni Duemila in un foglio formato A4 scritto al computer. Il patrimonio di un ramo della famiglia Ponte, quella coinvolta nell’inchiesta, è stato dissequestrato a marzo. Marcello Sbeglia ha invece scelto il rito ordinario e la prossima udienza è fissata per domani.
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