PALERMO. La droga viaggiava spalmata sui vestiti custoditi in valigie che arrivavano da Lima. A finanziare l'organizzazione sarebbe stato l'avvocato Memi Salvo che aveva venduto la nuda proprietà della casa-studio dell'anziana madre in via delle Magnolie. E aveva deciso di investirne una parte nel traffico di droga. E' questa l'accusa contestata a Memi Salvo dal pm Carlo Marzella che ne ha chiesto - alla seconda sezione del Tribunale di Palermo - la condanna a 28 anni per essere stato finanziatore di un'associazione dedita al traffico di stupefacenti con l'aggravante della transnazionalità. Un primo viaggio, ricostruì la polizia, sarebbe stato di quattro chili di cocaina purissima. Il secondo da 3 chili. Tutte e due sequestrati dalla narcotici della Questura di Palermo. L'investimento avrebbe fruttato oltre 2 milioni e mezzo di euro. Salvo tornò in carcere nel 2013. C'era finito alla fine degli anni Novanta. Lui, legale dei fratelli Graviano, si era messo a disposizione dei potenti capimafia di Brancaccio. E scattò una condanna definitiva a quattro anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. Radiato dall'Ordine degli avvocati di Palermo, si era iscritto in quello di Locri, in Calabria. A parlare dei suoi interessi nella droga è stato il pentito Gaspare Canfarotta, arrestato per rapina che ha raccontato agli agenti di avere investito i soldi delle rapine nell'acquisto di droga. Anche oggi, Memi Salvo si è difeso nelle sue dichiarazioni spontanee dicendo di aver dato quei soldi per l'acquisto di diamanti e di non sapere nulla della droga. "I diamanti erano un investimento sicuro", ha spiegato ai giudici. La sentenza è attesa per il 27 maggio.