PALERMO. Avevano in mente di trasferirsi e di investire anche a Roma. Pensavano in grande il poliziotto e sua moglie. Gli affari andavano talmente bene, che avrebbero addirittura progettato di affittare una casa a Roma per ricevere nuovi clienti. Anche se Chiara Spanò, insieme al marito Felice Galletta - ai domiciliari per sfruttamento della prostituzione - preferiva chiamarli "turisti". L'attività dei due - come si racconta sul Giornale di Sicilia oggi in edicola - era conosciuta anche da una parente "stretta" di famiglia a cui Chiara comunicò il grande progetto romano.
"Dobbiamo andare a Roma la settimana prossima, per lavoro...", aveva detto Chiara. "Ma siete pazzi ? - l'ha messo in guarda la parente - A Roma ci sono i controlli. Vi arrestano". E lei: "Ma è una casa vacanza, mica una di appuntamenti. Che testa hai?".
E infatti i "particolari" clienti della coppia sapevano di essere ospitati in una "casa vacanze", e se qualcuno in giro faceva domande, dovevano dire di essere in città come turisti. Molti provenivano dal Brasile e avevano la pelle scura. Per non parlare dei loro nomi: da "Catilina boing, boing", ad "Anaconda", ospitata in via Sampolo, dove di solito alloggiavano i transessuali. Per la sua troppa eccentricità, "Anaconda"fu spostata da un'altra parte. Lì doveva arrivare l'ennesima turista, Marina.
I due, riuscivano a guadagnare 3.200 euro al mese. Ma ci sono anche gli extra. A specificarlo è il gip Guglielmo Nicastr, che ha fatto un po' in conti in tasca alla coppia. "Gli immobili in cui vengono collocate le prostitute - si legge nell'ordinanza di custodia - vengono locati per un canone compreso tra i 500 e i 650 euro. Gli indagati affittano gli immobili a seconda delle donne che vi esercitano l' attività, a seconda che lavorino o non lavorino, e in seconda istanza collocandoci due donne, giungono a guadagnare 3.200 euro al mese». E gli extra? Il poliziotto e la moglie fornivano anche lenzuola, asciugamani, preservativi e oggetti erotici. E i guadagni crescevano.
Una ragazza madre, Maria Antonella M. - che si prostituiva negli appartamenti di via Giotto 78 e via Filippo Juvara 41 - ha raccontato anche le particolari e precise modalità di pagamento. "Pagavo 15 euro per un cliente e 30 euro da due clienti in su. Al termine della giornata di lavoro lasciavo i soldi direttamente in un cassetto del salotto o della vetrina".
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