Mafia, si indaga su pc e cellulari: in un quaderno gli affari dei boss
Le cifre poste accanto ad alcuni nomi potrebbero portare all’individuazione di altri imprenditori taglieggiati
PALERMO. La maggior parte dei 62 arrestati nell’operazione Brasca 4.0, messa a segno dai carabinieri mercoledì scorso, ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere negli interrogatori di garanzia davanti al gip. Chi ha parlato lo ha fatto per difendersi dalle accuse come Alfredo Giordano, direttore di sala del teatro Massimo di Palermo. "Non sono un mafioso – ha detto al giudice - con quelle persone, che conoscevo da bambino, intrattenevo dei rapporti innocenti".
Gregorio AGRIGENTO
Girolamo Vassallo - in carcere
Giovanni Tusa
Salvatore TERRASI
Giuseppe TARTARONE BUSCEMI
Mario Taormina
Giuseppe SERBINO
Nicola RINICELLA
Giuseppe RIOLO
Girolamo SPINA
Santi Pullarà
Tommaso PIPITONE - in carcere
Antonino Pipitone
Andrea MARFIA
Pietro MULE’
Giovanni Battista LICARI
Tommaso LICARI
Domenico LO BIONDO
Antonino MACALUSO - in carcere
Mario MARCHESE - in carcere
Gregorio Ribaudo
Umberto LA BARBERA
Giovanni Messina
Giovan Battista Inchiappa
Giuseppe GIORLANDO
Antonino GIORLANDO
Alfredo Giordano
Francesco Di Marco
Gaetano Di Marco
Andrea Di Matteo
Fabrizio Gambino
Giovanni DI LORENZO
Giovan Battista CIULLA
Stefano Di Blasi
Giuseppe D’ANNA
Sergio DENARO DI LIBERTO
Pietro CAPIZZI - in carcere
Benedetto CAPIZZI - in carcere
Pietro DI BLASI - in carcere
Antonino Capizzi
Onofrio BUZZETTA
Filippo ADELFIO - in carcere
Pietro CANESTRO
Ignazio BRUNO
Antonino Alamia
Salvatore Maria Capizzi
Antonio Adelfio
Marco LA VARDERA - in carcere
Nicolo’ SALERNO - domiciliari
Girolamo MONDINO - domiciliari
Sebastiano Andrea MARCHESE
Vincenzo FERRARA
Salvatore Di Blasi
Giuseppe CORSALE - domiciliari
Vincenzo Adelfio
Saverio ZINNA
Ma qualcosa potrebbe venire fuori dalle perquisizioni fatte dai militari nelle abitazioni e negli altri luoghi di ritrovo dei presunti mafiosi. Sono stati sequestrati telefonini, computer e documenti su cui proseguono gli accertamenti della Procura. Potrebbe rivelare dei particolari interessanti un quaderno sequestrato a uno dei presunti cassieri del clan di San Giuseppe Jato. Le cifre poste accanto ad alcuni nomi potrebbero portare all’individuazione di altri imprenditori taglieggiati, ricostruendo il giro d’affari di Cosa nostra sul territorio.
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