PALERMO. Per i genitori valeva appena duemila euro. Per la nuova famiglia, che nel 2008 l'aveva comprata in Kosovo, meritava solo di essere trattata come una schiava, costretta a fare le pulizie, presa a colpi di mazza, a calci, pugni e ripetutamente violentata dal fratellastro e dal patrigno, che le legavano mani e piedi. Questa la ricostruzione della Procura generale di Palermo, accolta dai giudici.
Per l'accusa di riduzione in schiavitù e violenza sessuale (contestata solo all'uomo) la Corte d'assise d’appello di Palermo ha confermato la condanna per una coppia di etnia rom: 13 anni per l’uomo e 11 per la donna. Entrambi avevano negato di avere tenuto prigioniera la ragazza in casa e di averla maltrattata e violentata. Anche gli abusi del "fratellastro" (processato dal tribunale dei minori) sarebbero da considerare, secondo i coniugi, dei normali rapporti tra fidanzati.
L'anno di inferno trascorso in una casa di Bagheria è stato rivissuto dalla vittima, che adesso ha 20 anni, nel suo racconto alla Corte d'assise. Raccapricciante il racconto della ragazzina che quando fu venduta dai suoi veri genitori in Kosovo, aveva appena 13 anni. Le difficoltà economiche, assieme alla malattia del fratellino, avrebbero costretto la famiglia a questo gesto.
Poi la vittima ha viaggiato in auto fino a Bologna, per raggiungere Palermo in treno. A luglio del 2009, dopo oltre un anno di sevizie, la ragazzina è riuscita a fuggire, per rifugiarsi da una donna bagherese che l'ha portata dai carabinieri per la denuncia. Dopo le paure iniziali, la vittima, che ha vissuto in comunità, ha raccontato tutto ai militari, ma alcuni buchi delle indagini hanno rallentato l'iter giudiziario. La ragazza è stata assistita in giudizio dall'avvocato Monica Genovese.
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