PALERMO. Cadono le aggravanti della crudeltà e della premeditazione, in appello, per Giuseppe Managò e Giuseppe Pollicino, accusati dell’omicidio dell’imprenditore Massimo Pandolfo.
I due in primo grado erano stati condannati in abbreviato a trent’anni ciascuno, mentre la corte ha deciso di ridurre notevolmente le pene: 16 anni per Managò, difeso dall’avvocato Fabio Cosentino, e 18 per Pollicino, assistito dall’avvocato Francesco Oddo. Ridotta da tre a un anno la condanna per Giuseppe Sanfratello, accusato di aver incendiato un’auto per coprire le responsabilità.
Pandolfo fu ucciso il 25 aprile del 2013 nella borgata di Acqua dei Corsari. Il cadavere fu trovato il giorno dopo al Teatro del Sole, in una zona periferica e appartata della città ridotta a discarica, con il cranio spaccato a colpi di pietra e il corpo squarciato da quaranta coltellate.
Managò e Pollicino hanno confessato il delitto e questo ha indotto la corte a ridurre la condanna avuta in primo grado. L’anno scorso il tribunale dei minori aveva assolto un quarto indagato: un minorenne a cui gli investigatori erano arrivati esaminando i tabulati telefonici della vittima.
Il ragazzino si era autoaccusato dell'assassinio, raccontando che l'imprenditore gli aveva fatto richieste sessuali che lui non avrebbe voluto esaudire. Tra i due sarebbe nata una discussione poi degenerata.
Ma la ricostruzione non convinse i magistrati che proseguirono l'indagine scoprendo che il ragazzo non avrebbe partecipato al delitto, passato comunque per competenza alla procura dei minorenni.
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