PALERMO. “La politica aziendale di tutti coloro che si sono succeduti nei ruoli di vertice dell’Amia spa e nella gestione diretta della discarica di Bellolampo è stata quella di operare in maniera assolutamente illegittima all’interno dell’area, compiendo fatti diretti a cagionare lo stato di disastro ambientale”. Non hanno dubbi i pm Maria Teresa Maligno e Calogero Ferrara che questa mattina hanno concluso la requisitoria – davanti alla quarta sezione penale - nel processo a carico dell’ex sindaco Diego Cammarata e altre dieci persone - tra cui gli ex vertici dell'Amia – per disastro ambientale, avvelenamento di acque, discarica abusiva, traffico di rifiuti. Il procedimento nasce da un'inchiesta sullo sversamento di percolato e la sua infiltrazione nelle falde acquifere nella discarica di Bellolampo. Per l’ex sindaco e per l'ex liquidatore dell'Amia Gaetano Lo Cicero, sono stati chiesti cinque anni e mezzo di carcere. A loro viene contestata anche l'accusa di abuso d'ufficio, perché secondo i pm avrebbero rimosso illegittimamente il direttore di Bellolampo, Giovanni Guicciardi, contrario alla loro gestione della discarica. Cinque anni la pena invocata per l'ex presidente del consiglio di amministrazione della società Vincenzo Galioto e l’ex direttore generale Orazio Colimberti; tre anni e sei mesi per Nicolò Gervasi e Aldo Serraino; quattro anni per Pasquale Fradella, Antonino Putrone, Fabrizio Leone e Luigi Graffagnino; tre anni e mezzo per Mario Palazzo. Secondo i pm “senza curarsi delle gravissime conseguenze, l’ex sindaco di Palermo, Diego Cammarata, e gli altri coimputati hanno accettato il rischio che da tali condotte poteva derivare e hanno messo in pericolo la salute umana. Risulta accertato che lo sversamento del percolato è stata sempre affrontata in maniera emergenziale. Non si sono mai create strutture che potessero risolvere il problema in via definitiva”.