PALERMO. Al burro, alla carne, agli spinaci, al salmone e chi più ne ha più ne metta. Ma chissà cosa voleva inventarsi chi ha lasciato una cinquantina di arancine ancora da friggere nella discarica abusiva che da anni dimezza una strada dimenticata di Cruillas. L'olezzo al posto dell'olio? Anche se fosse il più avveniristico dei rosticcieri, l'idea sembra poco felice. Come Felice (ma di cosa?) si chiama la via dove sono state abbandonate le palle di riso. Se qualcuno avesse visto l' autore del misfatto, come minimo, lo avrebbe accusato di essere blasfemo. Per non dire altro. Sant'Arancina qualcuno l' ha ribattezzata forse dimenticandosi di Lucia e del significato religioso del 13 dicembre. È triste vederla così, tra gli pneumatici squagliati dal sole e i recipienti di eternit spezzettati. Avrebbero preferito la morte naturale che hanno fatto migliaia e migliaia di sorelle domenica scorsa: negli stomaci dei palermitani. E invece sono qui, in mezzo allo schifo, beccate senza voracità e disprezzate perfino dai piccioni che trovano qualcosa di meglio in uno dei tanti sacchetti che alimentano questo cumulo di spazzatura storico. Anzi eterno. Perché c' era quando l'azienda per l'igiene ambientale si chiamava Amia e resiste adesso, da quando dalle ceneri della vecchia municipalizzata è risorta la Rap. «Ritorniamo a pulire» fu lo slogan del sindaco Leoluca Orlando giocando con l' acronimo alla presentazione della nuova società. «Rifiuti a Palermo» mormorò lo scettico che la sapeva lunga sul rapporto tra tanti suoi concittadini e la «munnizza». Puliti dentro e «ngrasciati» fuori. Ma sempre con rispetto. Per questo mai nessuno avrebbe potuto immaginare che un giorno, accanto all' armadio fradicio e al televisore sfasciato, qualcuno avrebbe buttato l'arancina. Cose da... pezzi.