PALERMO. Cita decreti su decreti e parla del 41 bis con scioltezza, come se avesse mangiato pane e diritto sin dall’infanzia. In realtà lo studente di giurisprudenza che ieri mattina, in videoconferenza, ha risposto brillantemente alle domande di due docenti dell’università di Palermo, Lucia Parlato e Paola Maggio, in un’aula della Corte d’Appello, il carcere duro lo sta vivendo da più di due anni sulla sua pelle: è Alessandro D’Ambrogio, condannato a vent’anni di reclusione lo scorso marzo e ritenuto capomafia di uno dei mandamenti più potenti del capoluogo, quello di Porta Nuova. Al termine dell’esame in Diritto dell’esecuzione, ha rimediato sei crediti e anche un trenta e lode. E non è certo il primo. D’Ambrogio, che è iscritto al quarto anno di giurisprudenza, è uno studente modello: a luglio ha superato – sempre con un trenta – l’esame di Diritto processuale penale e si è dimostrato anche particolarmente preparato in Diritto ecclesiastico.