CALTANISSETTA. È l'uomo che avrebbe messo a disposizione delle cosche i circa 500 chili di esplosivo utilizzati a Capaci per uccidere il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta. Adesso ha deciso di collaborare con la giustizia e di fare i nomi di chi avrebbe organizzato «l'attentatuni». Il nuovo pentito, che potrebbe squarciare il velo su complicità e collusioni, è il pescatore Cosimo D'Amato, già condannato in abbreviato a 30 anni per la strage. La circostanza è emersa stamane, nel corso del processo in corso davanti alla Corte d'Assise di Caltanissetta, nato dalle rivelazioni di Gaspare Spatuzza, in cui sono imputati i mafiosi Salvo Madonia e Vittorio Tutino, assieme a Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello. D'Amato, secondo l'accusa, è l'uomo che aiutò i componenti della cosca mafiosa di Brancaccio a reperire l'esplosivo da alcune bombe della seconda guerra mondiale rimaste in fondo al mare. «Ho deciso di pentirmi perchè voglio cambiare vita», ha detto il neo collaboratore di giustizia nel corso dei primi interrogatori con gli inquirenti. D'Amato avrebbe sostanzialmente confermato il racconto di Gaspare Spatuzza sul coinvolgimento della cosca mafiosa di Brancaccio nel reperimento dell'esplosivo. In particolare il pescatore avrebbe avuto il compito di recuperare sul fondo del mare, al largo delle coste palermitane, alcune bombe risalenti alla seconda guerra mondiale da cui sarebbe stato estratto il tritolo poi collocato sotto un cunicolo dell'autostrada. Il Pm Stefano Luciani ha chiesto l'audizione del pentito, che secondo alcune indiscrezioni avrebbe già fatto diversi nomi che sarebbero coperti da omissis. Attualmente D'Amato è imputato in appello per la strage di Capaci, dopo avere scelto di essere giudicato in abbreviato. Il processo, che vede imputati anche Giuseppe Barranca e Cristofaro Cannella, condannati all'ergastolo in primo grado, comincerà il prossimo 14 ottobre. Inoltre D'Amato è stato condannato all'ergastolo a Firenze in quanto ritenuto responsabile di avere fornito anche l'esplosivo utilizzato dai sicari di cosa nostra per gli attentati del '93 a Roma, Firenze e Milano. Al processo di Caltanissetta oggi è stato anche il giorno di Giovanni Aiello, l'ex poliziotto in servizio a Palermo la cui figura sembra sovrapporsi a quella di «faccia da mostro», ovvero l'uomo da viso butterato che avrebbe avuto un ruolo nelle stragi del '92. La sua testimonianza era molto attesa, ma Aiello si è avvalso della facoltà di non rispondere in quanto imputato di reato connesso. «Signor presidente, le chiedo scusa - ha detto dopo essere salito sul banco dei testimoni - ma mi sento travolto da un mare... da un turbine di cose che non riesco a comprendere e quindi mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Anche questo coinvolgimento dell'ex poliziotto in un'altra indagine è emerso stamane, ma il pm della Dda Stefano Luciani sul punto non ha voluto aggiungere nulla di più.