PALERMO. Francesco La Russa, 49 anni, operaio di Trabia che ieri ha ucciso i due dirigenti della cava Giardinello, davanti agli agenti della polizia della squadra mobile di Palermo ha reso dichiarazioni spontanee. Ha raccontato agli agenti che aveva individuato proprio in Gianluca Grimaldi, direttore della cava, e Giovanni Sorci, capocantiere i responsabili del suo licenziamento. Per questo non ha ucciso il ragioniere della cava che era nell'ufficio con le vittime e che è scappato non appena ha sentito gli spari. E che poi ha di nuovo incrociato l'assassino che però lo ha ''graziato''. La Russa non ha fatto alcun collegamento con le vicende legate in questi giorni sulla vicenda della gestione dei beni confiscati. Nessuna parola sul suo licenziamento e sui compensi degli amministratori giudiziari. Davanti al pm di Termini Imerese Giacomo Brandini si è avvalso della facoltà di non rispondere. Avrebbe detto che parlerà durante l'udienza di convalida davanti al gip Angela Lo Piparo. In serata il gip Angela Lo Piparo del Tribunale di Termini Imerese ha convalidato l'arresto dell'uomo. La Russa ha esploso quattro o cinque colpi tutti a segno. L'uomo aveva in casa la pistola e alcuni fucili da caccia detenuti legalmente. Gli uomini della scientifica sono stati diverse ore dentro l'ufficio prefabbricato della cava per ricostruire quanto avvenuto. Le due vittime non temevano La Russa. Rispettavano la sua condizione di ex operaio in mobilità che aveva tante difficoltà nel vivere con moglie e tre figli. Lo hanno fatto entrare senza timore. Gli animi si sono subito accesi e poi La Russa ha tirato fuori la pistola. Sulla vicenda è intervenuto anche Gaetano Cappellano Seminara, amministratore giudiziario della cava di Trabia, e in questi giorni tirato in ballo nell'inchiesta della Procura di Caltanissetta sui beni confiscati alla mafia. “Osservo - ha detto - che la ingiustificata ed ingiustificabile furia omicida di Francesco La Russa è esplosa dopo nove mesi dalla sua messa in mobilità e solo in concomitanza al clamore che ha suscitato l'inchiesta da parte della Procura della Repubblica di Caltanissetta e che ha scatenato attacchi personali nei confronti di chi gestisce i beni sequestrati, accusati di arricchirsi in danno dei titolari delle imprese dei proposti e dei loro dipendenti. Sicuramente l'osservanza del prescritto segreto delle indagini preliminari avrebbe contribuito ad evitare il formarsi di giudizi sommari ed affrettati oltre che infondati”.