PALERMO. Avevano messo in piedi non solo un clan, ma un'organizzazione che mirava a comandare Palermo, prima partendo dalla parte orientale, per poi espandersi e prendere il controllo totale del capoluogo. Un piano ideato da tre persone, apparentemente fuori dal giro che conte, quasi degli insospettabili. Uno assolto da tutte le accuse, uno appena scarcerato e un terzo fuori da qualsiasi radar del potere, almeno così sembrava. Un triumvirato dunque, che voleva prendersi Palermo, composto da Alessandro Alessi, Vincenzo Giudice e Massimiliano Perrone. Le indagini sono state coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dagli aggiunti Teresa Principato e Leonardo Agueci, dai sostituti Francesco Grassi, Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco. C'è anche un commissario della polizia municipale, Gaetano Vivirito, finito agli arrestati domiciliari. E' accusato di corruzione. Il mafioso Antonino Calvaruso, proprietario di un autolavaggio, che ospitava anche summit di mafia, gli avrebbe dato del denaro in cambio di un intervento per evitargli sanzioni dopo un controllo dei vigili urbani. Vivirito avrebbe accettato. Le intercettazioni mettono in luce anche i pesanti giudizi espressi dal vigile nei confronti dei colleghi troppo solerti e da lui definiti "crasti" (cornuti, ndr). Affari a base di droga, soprattutto, e estorsioni, anche se in quest'ultimo caso con le denunce e con tutti i "problemi" dovuti al risveglio civico dei commercianti c'erano state non poche rogne. Dunque, si puntavano solo ad affari grossi. Come i lavori di ristrutturazione al Policlinico, dove ad un imprenditore è stata chiesta una "mazzetta" di quasi 500.000 euro, corrispondente l'1% dei 50 milioni di euro del costo totale dei lavori nell'azienda ospedaliera universitaria. I boss del nuovo triumvirato non si arrendevano comunque, e provavano a imporre il pizzo ad altri commercianti e imprenditori. Alcuni hanno pagato. Una mafia che i carabinieri ritevevano vecchio stile, con delle tradizioni consolidati, come quella di rispettare la festa dei morti e tanti, tantisismi regali ai figli dei detenuti, cresciuti e allevati con il culto di Cosa Nostra.