ROMA. "Ero da poche settimane magistrato a Lugano, Giovanni Falcone già conduceva inchieste sulla mafia e noi collaboravamo perché alcuni mafiosi avevano aperto dei conti nelle banche svizzere e a Lugano. Lui chiedeva la nostra assistenza, io ero l'ultimo magistrato arrivato e mi dissero: "Beh, lavora tu con questo giudice Falcone, aiutalo tu per queste rogatorie internazionali . E ho imparato moltissimo. Carla Del Ponte, ex magistrato, membro della Commissione d'Inchiesta Onu sulla Siria , a "Voci del mattino", Radio 1, ricorda la figura di Giovanni Falcone alla vigilia del 23mo anniversario della sua morte. "La mafia io la conoscevo solo dai film, lavorando accanto a Falcone imparai a conoscerla da vicino. Io bloccavo i loro conti bancari di provenienze illecita, pertanto creavo diversi problemi ad alcuni personaggi. Fu davvero una collaborazione proficua quella fra me e Falcone, che portò a tante inchieste. Ricordo, fra le altre,la cosiddetta "Pizza Connection". "Va detto che eravamo agli albori della lotta ai patrimoni finanziari dei mafiosi - ha continuato Carla del Ponte - ricordo che all'epoca non esisteva nemmeno la legge antiriciclaggio, ed è proprio attraverso il lavoro con Falcone che emerse chiara l'esigenza di una base legislativa che andasse in questa direzione". Il 20 giugno 1989 Falcone , all'Addaura, subì un attentato senza conseguenze. Carla del Ponte era con lui in quei giorni, insieme al collega Claudio Lehmann, e ha raccontato cos ì quei momenti: "Ho un ricordo molto vivo di quei giorni. Dovevamo già andare da Giovanni qualche mese prima per interrogare i mafiosi ai quali avevamo bloccato i conti, per diversi milioni di dollari, ma Falcone ci disse no perché era troppo pericoloso. Poi, quel giugno ci disse di andare. Ricordo che ci vennero a svegliare la mattina presto in albergo e ci portarono in ufficio dove incontrammo Giovanni: era bianco in viso, molto preoccupato. La mia prima reazione fu quella di volere subito andare via". "Il giorno della strage di Capaci - ricorda Carla Dal Ponte - invece è stato un giorno di grande tristezza, aumentata dal fatto che non sono potuta andare al funerale di Giovanni per motivi di sicurezza. Non mi hanno fatto partire dalla Svizzera. Certo, Giovanni lo diceva spesso che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa. Io non potevo salire mai con lui in macchina, ma sempre su una vettura diversa. E' ancora un ricordo forte, vivissimo, e tutti gli anni scendo a Palermo per commemorare Giovanni".