ROMA. "Francamente, non capisco l'interesse per questa vicenda", "ho diritto o no a una vita normale? O devo continuare a essere giudicato per il cognome che porto?". Così Angelo Provenzano, figlio del capomafia di Corleone, commenta la sua partecipazione a incontri con turisti americani in viaggio in Sicilia, organizzati da un tour operator di Boston. "Ci sono troppi pregiudizi contro di noi. Evidentemente, non solo in Sicilia", afferma. "Per me si tratta solo di una opportunità lavorativa importante in un settore, quello turistico, nelle cui potenzialità ho sempre creduto. E poi confrontarmi con una cultura diversa dalla nostra e scevra da pregiudizi mi pare un'avventura molto stimolante". Angelo Provenzano racconta la sua vita, gli anni di latitanza col padre, il rientro a Corleone, adolescente, il rapporto con una figura che gli ha condizionato passato e presente e che grava come un macigno anche sul suo futuro. Al termine dell'intervento gli americani non smettono di fare domande.Che infanzia ha avuto, che padre è stato il suo, come si conciliava la religiosità professata con la vita criminale, cosa si attende dal domani. Angelo Provenzano risponde a tutti. E nelle sue risposte non c'è l'ombra della ritrosia e della cautela che si sentono, forti, nelle rarissime interviste rilasciate ai media.