PALERMO. La corte d'appello di Palermo ha condannato a un secolo e mezzo di carcere 17 tra capimafia, gregari ed estortori delle cosche palermitane di San Lorenzo, Boccadifalco-Passo di Rigano e Brancaccio. Erano imputati di mafia ed estorsione. Il verdetto conferma la sentenza di primo grado, emessa dal gup in abbreviato, tranne che per la posizione di un imputato, Giovanni Li Causi, gestore del bar allo stadio Renzo Barbera, assolto dal giudice e ora condannato a 8 anni. Gli imputati furono arrestati nell'operazione denominata Hydra a novembre 2011. Dall'inchiesta emerse che per parlare di soldi e potere i capi avevano scelto un ristorante, Villa Pensabene allo Zen. Quindici boss - vecchi padrini e capi emergenti - si erano ritrovati seduti insieme attorno a un tavolo. Un summit vero, «spiato» a distanza dalle forze dell'ordine che tenevano d'occhio i vertici dei clan.
La pena più alta è stata inflitta a Giulio Caporrimo, capo di Tommaso Natale, che ha avuto dieci anni. Poco di meno, 9 anni e 10 mesi, per Calogero Di Stefano. Giuseppe Salamone ha avuto 8 anni e 8 mesi, Vincenzo Di Blasi 8 anni e 6 mesi. Entrambi erano accusati, oltre che dell'associazione mafiosa, anche delle estorsioni a pizzerie e bar palermitani. Condannati a 7 anni e 2 mesi Antonino Vitamia. Stessa pena, 6 anni e 8 mesi, per Michele Coccellato, Ugo Delis, Fabio Gambino, Sandro Diele, Filippo Pagano. Poco meno, 6 anni e 4 mesi, per Andrea Luparello, Giuseppe Enea, Amedeo Romeo, Giuseppe Serio, Stefano Scalici. Infine, 3 anni e 4 mesi per Giuseppe Cardovino. In primo grado il processo era stato istruito dal pm Annamaria Picozzi.
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