PALERMO. Lavorava in nero a 40 euro a notte il minorenne che con un calcio ha confessato di avere ucciso Aldo Naro nella discoteca Goa. Fino alle 3 era all’esterno del locale per impedire che qualcuno scavalcasse il recinto, poi semi-assiderato dal freddo è entrato dentro ed ha visto che qualcuno stava litigando dentro il privè. L’alcool scorreva a fiumi... Così è iniziato il lungo racconto del ragazzino dello Zen che martedì ha evitato le caserme e si è presentato con il suo avvocato direttamente al carcere del Malaspina. Il minore per prima cosa ha tenuto a precisare perchè quella notte era lì. «Mi davano 40 euro in nero e facevo il buttafuori», ha esordito, sostenendo che era la seconda o terza volta che faceva una cosa simile. Sarebbe stato chiamato solo per serate particolari, quando era previsto il pienone. I gestori della discoteca, i fratelli Barbaro, hanno sempre detto che loro erano in regola e si rivolgono sempre ad un’agenzia specializzata. Non un vero e proprio «body guard», dato che i veri addetti alla sicurezza stanno dentro il locale e alla porta. D’altronde lui non ne ha nemmeno il fisico. È alto poco meno di un metro e settanta, di media corporatura. La notte di carnevale è rimasto per ore lì fuori, poi mezzo morto di freddo ha detto di essere entrato. La sua «postazione» era accanto proprio al privè dove si trovava il dottore neolaureato Aldo Naro che ballava e si divertiva con i suoi amici. «Ho visto che lì dentro era scoppiata una zuffa e sono intervenuto», questa la sua ricostruzione, al vaglio dei magistrati. «Sono stato colpito almeno tre volte», sostiene sempre il ragazzino. Dentro il privè c’era una bolgia. Bicchieri di birra, superalcolici. Si affrontano una mezza dozzina di ragazzi, calci e pugni, lui sostiene di non avere nemmeno capito bene chi fossero i contendenti. Sta di fatto che Naro a sua volta viene affrontato da altri giovani e poi circondato, scivola da uno dei gradini e perde l’equilibrio. Proprio in questo momento il ragazzino-buttafuori abusivo sferra il calcio mortale. Così ha detto in lacrime ai magistrati, ha colpito una volta sola, un po’ per difendersi, un po’ per vendetta. Pensava che quel cliente che lo aveva colpito per ultimo fosse proprio quel ragazzo con il volto bianco, vestito da Jocker. Naro perde subito i sensi, lui capisce che ha combinato qualcosa di grave e scappa a casa. I suoi genitori lo vedono sconvolto, intuiscono che è sotto choc e il ricordo di questo particolare lo ha fatto crollare. Resta a casa poche ore, poi viene a sapere che gli investigatori lo stanno cercando. Però nel frattempo qualcuno parla. A fare il suo nome sarebbero stati i suoi compari dello Zen, perchè nel giro di poche ore il quartiere viene letteralmente preso d’assalto dalle forze dell’ordine. Per quasi due giorni non si spaccia droga, i boss della borgata perdono migliaia di euro. Tutti gli affari si fermano, per colpa di un ragazzino che ha ucciso il cliente di una discoteca. Allora probabilmente i suoi amici, gli stessi con cui venerdì notte era al Goa, fanno il suo nome agli investigatori per allentare la pressione e ricominciare i soliti traffici. È accaduto altre volte e accadrà ancora. La sua casa viene perquisita, lui si nasconde per un giorno, poi martedì decide di presentarsi. Ma preferisce farlo al Malaspina, dove i magistrati per i minori lo sentono per sei ore.