PALERMO. L’inchiesta e il processo sono durati quindici anni — finora — e la sentenza di ieri, che potrebbe persino non essere l’ultima, ne deve prendere atto: l’ex funzionario della Dogana Francesco Gatto, imputato di una serie di episodi di usura, si salva per via della prescrizione dalla condanna penale, ma dovrà risarcire le sue presunte vittime.
E ieri, anzi, alle vittime se ne è aggiunta una in più, con la decisione della prima sezione della Corte d’appello, che ha dichiarato «estinti i reati per intervenuta prescrizione», salvaguardando però i diritti di coloro che furono costretti a pagare interessi esosi.
È il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, sia per l’accusa e le parti civili che per la difesa, quest’ultima pronta, con gli avvocati Vincenzo Lo Re e Marcello Consiglio, a impugnare di nuovo la sentenza, per il secondo giudizio in Cassazione. Gatto era stato condannato a 7 anni (il 7 dicembre 2004) e il pg Ettore Costanzo aveva chiesto in questo dibattimento l’aumento della pena a otto anni.
Ora il rappresentante dell’accusa e i legali delle vittime hanno ottenuto quanto meno che l’imputato non venisse assolto nel merito, come era avvenuto in uno dei precedenti gradi di giudizio. Non solo: anche Giovanni Catalano, figlio di Emanuela Alaimo, ex assessore comunale e vittima lei stessa, si è visto riconoscere i propri diritti, assieme alla madre, a Rosalia Manno, Silvana Pierallini, Salvatore Spera e Camillo Torregrossa e a Sos Impresa. A Catalano toccheranno anche una provvisionale da 15 mila euro e le spese di tutti e quattro i processi finora celebrati.
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