PALERMO. Il pizzo è un fenomeno molto presente in tutta la città, senza distinzione di zone, ed è giusto far emergere questo aspetto, per convincere i commercianti che l’unica via d’uscita da questa oppressione resta la denuncia». Nunzio Reina, presidente della Confartigianato di Palermo non ne fa una questione di numeri, «centro, periferia, il pizzo è ovunque - dice - e va combattuto, al di là delle percentuali. Bisogna puntare sugli obiettivi, riuscire cioè a debellare la piaga delle estorsioni, con l’aiuto di tutte le associazioni, delle istituzioni e delle Forze dell’ordine».
Che ne pensa della posizione di Confindustria riguardo i negozi del centro?
«Condivido in pieno quanto ha affermato Giuseppe Todaro, perché è vero che le richieste di pizzo toccano anche i negozi del centro e le denunce sono poche. In centro c’è una maggiore qualità e quindi un maggiore interesse della mafia. Ed è un bene che se ne parli spesso, che i giornali tengano alti i riflettori su un problema che riguarda tutti».
Cos’è che limita gli imprenditori a denunciare la richiesta di pizzo?
«Al primo gradino c’è la paura, perché pensano di rimanere soli. Ho visto imprenditori coraggiosi che dopo la denuncia sono crollati psicologicamente». Ma non è più così. Adesso l’imprenditore non è solo. «Da molti anni, ormai, il sistema delle associazioni di categoria e antiracket è al fianco degli imprenditori. Culturalmente è cambiato tutto. Penso all’impronta che ha dato Addiopizzo, alla svolta di Confindustria, allo sportello legalità della Camera di commercio. Solo così è stato possibile squarciare il velo omertoso che metteva al riparo gli estortori. E le denunce sono arrivate, continuano ad arrivare. Ma adesso serve un colpo di reni per convincere gli imprenditori a fare il passo in avanti e per far capire ai mafiosi che dalle imprese non avranno più un euro. Come in tutte le associazioni, anche in Confartigianato seguiamo costantemente coloro che hanno imboccato la strada giusta della denuncia».
In quante forme si manifesta l’estorsione?
«In tante forme meschine è immorali. E quella più sottovalutata è quando i mafiosi impongono le assunzioni. Poi ci sono gli amici della porta accanto che si avvicinano per riscuotere, sicuri di non essere denunciati. O ti affiancano per fare da mediatori, con una proposta di sconto, chiedendo anche merce in cambio. Nel settore degli edili, per esempio, appena viene montato un ponteggio di lavoro, puntualmente si presentano i taglieggiatori. Chiedono soldi a chi riconoscono che può pagare, e si fanno vedere soprattutto a Natale e Pasqua. Questi comportamenti mafiosi li conosciamo tutti, e proprio per questo è più facile combatterli subito, al primo approccio, con la denuncia».
Cosa direbbe a un commerciante che si rivolge a Confartigianato per un problema di pizzo?
«Che 500 mascalzoni non possono condizionare la vita di un milione di persone, che non è solo, e che se tutti mettessimo la nostra forza per cambiare le cose i risultati arriverebbero molto presto».
Cosa è cambiato in Confartigianato nell’approccio al problema estorsioni e usura?
«Tutto. E lo dico con orgoglio. La comunicazione con i nostri iscritti è una parte importante. Nel dialogo con gli imprenditori siamo anche un po’ psicologi. Così sono arrivate le denunce. Il nostro compito è quello di essere credibili e affidabili per i nostri iscritti, che accompagnano in tutto il percorso, senza eccessi di pubblicità, ma con lo spirito di chi sa che l’unico obiettivo è quello di fermare le estorsioni, perché solo così si ottengono i risultati».
Quanta strada è stata fatta finora per convincere gli imprenditori che bisogna denunciare gli aguzzini?
«Tanta, ma non è ancora sufficiente. Il percorso è lungo, ma può diventare breve se tutti ci sforzassimo a fare di più. Non bisogna aspettare per forza il cambio generazionale, anche in questo momento possiamo migliorare, invertire la tendenza e dire no al pizzo».
E parlarne aiuta?
«Eccome, ecco perché condivido le posizioni di Confindustria. Davanti a questo argomento non ci possono essere divisioni o prese di posizione. Lottiamo tutti contro questo meccanismo perverso di stampo mafioso che rischia di far scomparire le imprese. Avrei preferito che questa ampia discussione uscisse un mese prima di Natale. Sarebbe servito a toccare le coscienze di tante persone, di tanti padri di famiglia che in queste ore stanno pensando che la cosa più giusta da fare è prendere il telefono e rivolgersi alle associazioni, alle Forze dell’ordine, per fare incastrare i taglieggiatori. Mi rivolgo a loro come un padre: vi prego, fate uscire l’orgoglio che c’è in voi e denunciate chi sta rubando i vostri sogni».
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