Palermo

Sabato 23 Novembre 2024

Neonata morta, trovata la madre: "Credevo fosse morta"

PALERMO. E' stata trovata ed è in stato di fermo piantonata in ospedale la mamma della neonata abbandonata in un cassonetto dell'immondizia a Palermo. I carabinieri della compagnia di San Lorenzo avrebbero rintracciato la madre della piccola trovata morta nel cassonetto in via Ferdinando Di Giorgi. Si tratta di una donna, P.V, le sue iniziali e ha trent'anni. Sarebbe già madre di tre bambini di tre figli di 2, 6 e 8 anni e residente a Gemona nel Friuli, ma tornata a Palermo da alcune settimane. La donna, adesso ricoverata nel reparto ginecologia dell'ospedale Cervello, avrebbe partorito stamattina intorno alle cinque. Sarebbe stata accompagnata in ospedale dal cognato, un vigile del fuoco in servizio a Palermo. Secondo le prime frammentarie informazioni avrebbe dichiarato ai medici che dopo aver partorito non sentiva il battito della bambina e presa dal panico si sarebbe recata in via Di Giorgi, gettandola nel cassonetto.  Il marito vive a Gemona ed è stato contattato dai carabinieri. Avvolta in un lenzuolino intriso di sangue. Un borsone rosso per culla. Di lei, due ore di vita e nemmeno la forza di piangere, si è accorto un uomo, uno dei tanti che, in tempo di crisi, rovistano tra l'immondizia. Era stata ritrovata così  stamattina la piccola abbandonata nel cassonetto e morta in ospedale poco dopo il suo ritrovamento. Tutto è stato inutile: il soccorso dei passanti, la rianimazione in ambulanza, la corsa all'ospedale Civico di Palermo. La piccola è morta per un'emorragia. «Chi l'ha lasciata lì voleva che morisse», commentano gli inquirenti che hanno aperto un'inchiesta per omicidio volontario per ora a carico di ignoti.  La bimba era nuda. Il cordone ombelicale ancora attaccato, causa, probabilmente, della copiosa emorragia e del decesso. Nel borsone c'erano un tappetino zuppo di sangue, giaciglio improvvisato usato durante il parto, un paio di forbici, una scarpa da uomo e la placenta. Indizi che tutto sarebbe accaduto in fretta. E che in fretta la piccola sarebbe stata infilata nella borsa e buttata tra l'immondizia. Il ritrovamento sarebbe avvenuto intorno alle undici. Alle sette e trenta del mattino in genere i cassonetti sono già stati svuotati. La piccola, dunque, sarebbe stata scaraventata nei rifiuti tra le otto e le undici. Una testimone sostiene di avere visto un'auto allontanarsi dal contenitore, ma gli investigatori non ritengono si tratti di un indizio utile. La loro attenzione è puntata piuttosto sulle videocamere della zona, che potrebbero avere ripreso la scena dell'abbandono. Il cassonetto «scelto» da chi ha condannato a morte la piccola è in via Di Giorgi, una strada alle spalle della circonvallazione di Palermo: palazzoni anonimi tirati su negli anni della speculazione edilizia. È lì che la bimba è stata scoperta da Rosario Campo, 55 anni, un clochard che «pesca» tra l'immondizia con bastone con l'uncino. L'uomo vive nella zona di via Perpignano e da anni ormai per sfamarsi cerca tra i rifiuti. Non ha mai avuto un vero lavoro. «Ho scostato il lenzuolo e ho visto la piccola. Era bionda. Non credevo ai miei occhi - dice - Avrei voluto dare l'allarme, ma non avevo il cellulare e così ho fermato due donne e ho raccontato quello che c'era dentro».  Quando Campo ha chiesto aiuto sono accorsi in tanti. Da una pizzeria poco distante sono stati chiamati i carabinieri e il 118. La bimba era ricoperta di sangue e cianotica. In ambulanza i medici l'hanno intubata. Al magistrato di turno, il pm Nino Di Matteo, hanno detto che era ancora viva, respirava. È in ospedale che il cuore si è fermato. L'ispezione cadaverica parla di emorragia. Domani l'autopsia, disposta dal pm che ha anche ordinato il sequestro della cartella clinica e l'esame delle videocamere di via Di Giorgi, potrà dire di più. Di certo è che la neonata è venuta al mondo al termine di una gravidanza regolare. Era sana e robusta. I medici legali estrarranno anche il dna per un eventuale confronto nel caso in cui la madre fosse individuata. «Chi ha visto collabori», chiedono carabinieri e i magistrati. Mentre i partner del progetto «Ninna ho» Mariavittoria Rava (presidente della fondazione Francesca Rava) e Giovanni Rebay (partner di Kpmg) ricordano che «ogni donna può ricorrere alle strutture pubbliche e avvalersi del diritto all'anonimato senza temere l'espulsione, se clandestina, ma vivere l'ospedale come 'luogo amicò». Accanto al cassonetto, qualcuno ha posato una rosa bianca per ricordare la breve vita della bimba gettata tra i rifiuti.

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