Palermo

Venerdì 22 Novembre 2024

Palermo, il boss è al 41 bis ma dal carcere riesce a comprare la Smart per la sorella

PALERMO. Dal carcere di massima sicurezza alla...concessionaria. Si, perchè secondo gli investigatori Gianni Nicchi, uno dei capi indiscussi di Cosa Nostra, ora in cella a regime di 41 bis, avrebbe fatto in modo di comprare alla sorella una Smart Fortwo Coupè Mhd nuova di zecca, ora sequestrata. Nicchi aveva già fatto notizia solo 24 ore prima, quando era arrivata la notizia che i giudici della sezione misure di prevenzione avevano disposto il sequestro di alcuni beni riconducibili al giovane capomafia di Pagliarelli e figlioccio di Nino Rotolo, come ad esempio un pub di Ballarò, «Cu mancia fa muddichi».
Quello che gli investigatori si chiedono, compresibilmente, come abbia fatto Nicchi ad acquistare una macchina dal carcere dove si trova. L'opinione comune è che il giovane boss, in un modo o nell'altro, sarebbe ancora nelle condizioni di assicurare un alto tenore di vita ad i familiari, grazie ad una rete di complicità e connivenze. E grazie anche ad i suoi favoreggiatori che assicurerebbero una discreta quantità di contanti ad i parenti stretti del detenuto. La madre e la sorella, infatti, non svolgono alcuna attività, dunque appare fortemente improbabile che non avendo introiti significativi potrebbero permettersi un'auto nuova di zecca, anche se non di lusso, come una Smart. «La madre di Nicchi, Lucia Martinelli - si legge nelle carte -, risultava dipendente presso un esercizio commerciale di Palermo ma in realtà la stessa non prestava alcuna attività lavorativa, risultando assunta - per ovvia imposizione del figlio - al solo fine di giustificare un reddito di natura lecita». Per quanto riguarda la sorella, «risulta invece avere denunciato redditi da lavoro dipendente - presso la ditta “Bagagli” - per entità assai modeste».
La moglie infine non lavora e il padre è pensionato con un reddito medio annuo di 20 mila euro. Già in passato le indagini hanno assodato come sia la madre di Nicchi che la compagna percepivano una somma mensile proveniente dal boss, solitamente attraverso Giardina che provvedeva alla materiale consegna del denaro, ma poi Giardina fu condannato a 3 anni e 3 mesi per favoreggiamento.
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