A Michele Mignani, che in meno di due mesi si gioca la chance più importante della sua carriera, il compito di cambiare il Palermo, anzi di rivoltarlo come un calzino; al tecnico genovese arrivato in settimana il compito di trasmettere idee e serenità a un gruppo di calciatori sfiduciato e confuso che nell’ultimo mese s’è fatto mettere sotto da ogni avversario. A Michele Mignani, che ha portato il Bari dalla C alle soglie della A praticando sempre un calcio armonioso, il compito di riportare l’entusiasmo al Barbera. Ma l’entusiasmo vero, quello che nasce dal gioco, dalla prestazione e dallo spettacolo, non da un risultato fortuito e risicato. A Michele Mignani il compito di mettere ogni calciatore rosa nel posto giusto, di scegliere il miglior modulo per questa squadra senza guardare in faccia nessuno, senza crediti e senza debiti, con l’unico obiettivo di salvare il salvabile e affrontare i probabili play-off nella migliore condizione possibile. Da oggi il primo test, per uno scherzo del destino contro la Sampdoria, la squadra in cui è cresciuto. Dopo appena tre allenamenti è difficile pretendere grandi cose, ma basteranno piccoli segnali per capire che qualcosa può cambiare rispetto alla gestione precedente. Una gestione confusa, almeno in questa stagione, nella quale Eugenio Corini non ha mai dato la sensazione di essere in sintonia col gruppo. Eppure pochi allenatori nella storia del Palermo hanno avuto il tempo e la fiducia di cui ha goduto il Genio. Bisogna tornare alle stagioni 1973-75 per trovare un tecnico (Corrado Viciani) capace di giocare più di sessantanove partite di fila in campionato (quelle di Corini) sulla panchina rosanero. Non sappiamo come cambierà il Palermo il nuovo allenatore, indovinare la formazione odierna è come fare un terno al lotto, le uniche certezze contro questa Sampdoria che arriva da quattro vittorie di fila e che insidia il sesto posto del Palermo sono le assenze: Ranocchia, Gomes, Vlasic e Coulibaly. Tutte a centrocampo. Il resto è da ri-costruire, magari partendo da quanto non ha funzionato. Speriamo dunque in una profonda e convinta discontinuità rispetto a quanto visto finora, soprattutto tatticamente. Speriamo in una soluzione che migliori la tenuta difensiva, considerato anche il numero dei gol subiti dai rosa nelle ultime gare; in una soluzione che non perseveri ad affidare la fase offensiva ad attaccanti esterni leggeri ed evanescenti e che offra una spalla a Brunori, costretto a fare pentole e coperchi. L’ipotesi di Di Francesco trequartista alle spalle delle due punte è verosimile, verrebbe meno improvvisamente la trazione laterale su cui Corini ha puntato finora, ma potrebbe concretizzarsi anche un modulo 3-5-2. Non vogliamo andare oltre, vedremo questo pomeriggio, anche perché nel calcio non esistono formule magiche: se così fosse tutti potremmo fare gli allenatori. Esistono le idee, esiste la capacità di metterle in campo attraverso schemi e movimenti, con e senza palla. Esiste soprattutto l’abilità di tirare da ogni calciatore il meglio di sé. Un lavoro difficile e spesso lungo, che richiede il tempo che Mignani non ha. Ecco perché all’ex tecnico del Bari si chiede qualcosa di diverso della tradizionale «scossa»: un gioco di prestigio. Soprattutto nella testa di giocatori forse sopravalutati che nelle ultime settimane hanno rasentato il ridicolo. Tutti possono dare di più, da Pigliacelli a Brunori, ma soprattutto Lund, Ceccaroni, Di Mariano, Insigne, Segre, e potremmo continuare. Abbiamo ancora negli occhi non tanto la sconfitta di Pisa perché arrivata con un giocatore in meno ma il secondo tempo di Lecco, la paura stampata nei volti dei rosanero contro l’ultima della classe. Una paura che nasce dalla difficoltà a capire cosa fare, nella mancanza di riferimenti in campo, di misure e di contromisure. Quanto tutto questo sia addebitabile a Eugenio Corini e quanto alla squadra, a chi l’ha costruita e assemblata, lo sapremo nelle prossime settimane anche se temiamo che le scorie di una stagione tanto contraddittoria (sei le sconfitte in casa nonostante il sostegno del pubblico, più dell’Ascoli terzultimo, il doppio del Bari) non si possano smaltire in pochi giorni. A Michele Mignani il compito di sorprenderci, non ha molto tempo ma una motivazione forte forse più di chiunque a Palermo: ha un conto in sospeso con la Serie A, persa un anno fa nel modo più doloroso con quel gol di Pavoletti al 94’. Riprendersela a Palermo lo ripagherebbe con gli interessi. Il nuovo tecnico del Palermo Michele Mignani nella foto di Tullio Puglia