Di contestazioni nei confronti delle squadre in cui ha militato ne ha vissute diverse: fanno parte del gioco così come le vittorie, basta un risultato convincente (o qualcuno in più) e tutto finisce in archivio. Difficilmente però Lucioni avrebbe potuto immaginare di trovarsi di fronte a una tale rabbia dei tifosi appena cinque mesi dopo il suo arrivo al Palermo: l’esperienza e il temperamento che lo contraddistinguono avranno un ruolo fondamentale per condurre i rosa fuori dalla crisi, ma servirà il supporto di chi questa maglia la conosce meglio di lui. Contro il Cittadella il numero 5 è stato tra i pochi a non avere mai suscitato mugugni dagli spalti nell’arco dei novanta minuti: anche nel disastro generale si è sempre dimostrato capace di trovare la giocata giusta al momento giusto, evitando più d’una volta che i veneti si portassero ben prima del 97’ sullo 0-1. Anche lui non è esente da errori nel filotto negativo del Palermo, ma a parte il rigore concesso alla Sampdoria si tratta di sbavature minime che non hanno inciso sul risultato: ad oggi Lucioni è tra i neoacquisti quello con il rendimento migliore, ma ciò non si è tradotto automaticamente in una fuga solitaria in classifica nonostante l’inizio a tutta birra. Dopo il ko con il Lecco, che ha aperto la crisi dei rosa e la frattura con il Barbera, l’ex Frosinone aveva sottolineato come «da queste sconfitte bisogna ripartire più carichi e determinati, ci servirà da lezione: partite del genere ci faranno maturare e capire ancora di più quanto siamo forti e dove possiamo arrivare». Nonostante la carica agonistica e prestazioni individuali positive (unica eccezione appunto al Ferraris), i compagni non sono riusciti a mettere in pratica i consigli dello «zio», come viene chiamato in spogliatoio: nelle successive tre partite infatti il Palermo ha ottenuto una vittoria con il minimo sforzo contro il Brescia e due sconfitte con Samp e Cittadella. Lo spaccato della situazione psicologica della squadra lo ha dato un altro «senatore» come Brunori, tracciando un quadro più caotico di quello di Lucioni: il numero 9 ha parlato domenica di «periodo complicato, in cui anche le cose più facili sembrano le più difficili. Abbiamo perso certezze, fatichiamo pure a fare passaggi di un metro». Tuttavia a differenza del numero 5 il bomber è stato tra quelli che con il Cittadella è andato maggiormente in difficoltà, poco ispirato nella metà campo granata e quasi sempre anticipato dai centrali avversari: a fine gara, da capitano, ha chiesto scusa a nome dei compagni per la prestazione, ma i tifosi si aspettano di più anche da lui rispetto ai quattro gol in tredici partite. L’anno scorso nello stesso lasso di tempo erano sei, poi saliti a nove al termine del girone d’andata: segno evidente che Brunori, quando l’asticella si alza, ha qualità e carisma per risollevare se stesso e il Palermo. Un altro giocatore insolitamente bersagliato domenica è stato Pigliacelli, non per errori particolari ma perché i suoi rilanci lunghi, spesso imprecisi, venivano visti dal pubblico come l’emblema di una mancanza di idee nella costruzione del gioco: il numero 22 è comunque un punto fermo dei rosa e, come dimostra la prestazione superba contro la Sampdoria nonostante la sconfitta, ha tutte le carte in regola per tornare a essere trascinatore già nella trasferta di Terni, anche a costo (come accaduto più volte nei suoi 16 mesi a Palermo) di alzare la voce per strigliare i compagni. A suonare la sveglia, tanto in allenamento quanto in partita, dovranno essere anche quegli elementi che pur avendo giocato meno conoscono a menadito la realtà rosanero avendola sperimentata pure in Serie C: tra questi Marconi, tra i più «scatenati» a supportare la squadra sia dalla panchina che dal campo; quasi sicuramente al Liberati, con Ceccaroni ancora fuori causa, toccherà nuovamente a lui. Anche Valente, a Palermo dall’estate 2020 così come il numero 15, ha duttilità e carisma per ritrovare la bussola: i suoi cross sono spesso un pericolo per gli avversari, purché vi sia qualcuno che li trasformi in oro.