Alto due metri, difensore del Palermo dal 2008 al 2011. Gli anni più belli della storia recente dei rosanero. Quelli della finale di Coppa Italia contro l’Inter e di una qualificazione in Champions League soltanto sfiorata. Moris Carrozzieri ha detto di aver “lasciato il cuore” nel capoluogo.
“Quando mi chiamò Foschi ero contentissimo, una persona fantastica. Per venire in Sicilia ho rifiutato Udinese e Napoli. Non mi importava nulla, volevo solo il Palermo – ha raccontato l’ex difensore a Gds.it”. Tre anni intensi e un gruppo straordinario che Moris ricorda emozionato: “Prima di essere calciatori eravamo uomini. Eravamo 20 italiani e 6 stranieri, avevamo lo zoccolo duro. Io, Liverani, Migliaccio, Miccoli, Balzaretti e Nocerino; eravamo giocatori che sudavano in campo, se oggi ci metti in Serie A vinciamo lo scudetto – ha ammesso -”.
E poi quell’esultanza con Miccoli: “Ricordo che lo sollevavo su, era bello. Lui lo sento ogni giorno, siamo amici di famiglia”. Carrozzieri è rimasto affezionato alla gente di Palermo, ma soprattutto alla squadra: “La seguo, anche se non ho potuto vedere tutte le partite – ha detto -. Questa stagione è stata deludente, quando sei a Palermo non puoi pensare di non fare i playoff, non siamo una squadra qualunque. Quando vieni a Palermo non puoi non puntare agli spareggi. Corini? Non poteva fare più di tanto, la squadra è questa e le caratteristiche sono queste. Lui è una persona straordinaria e seria ma non poteva fare miracoli”. Per l’ex difensore centrale il problema principale è stato il reparto difensivo: “Non ho visto cattiveria, in campo deve essere una guerra. Ho visto dei giocatori entrare in area indisturbati. Quando prendi 49 gol c’è per forza qualcosa che non va. Non ho visto quella cattiveria agonistica di non subire reti a tutti i costi. Gli avversari andavano in porta facilmente; è serie B non Eccellenza o Promozione – ha ammesso senza mezze misure –“.
Ma per lui il Palermo può tornare grande e raggiungere un livello pari a quel triennio d’oro o addirittura superiore, ma dipende sempre dalle intenzioni di City Group: “Stiamo parlando del presidente del Manchester City, ha potenzialità. Ma bisogna vedere se il 95% di queste le vuoi mettere nella prima squadra e il 5% nelle altre squadre. La Champions un giorno? Secondo me sì, bisogna vedere che progetto hanno. Loro sanno che portare il Palermo tra i grandi non è la stessa cosa che portare il City tra i grandi. In Inghilterra il fatturato è molto più alto. Basta vedere che prima i giocatori inglesi più forti venivano in Italia e ora è il contrario, qui non ci sono risorse. Il Palermo ha un bacino d'utenza straordinario, devono rendersi conto di questo, però loro non vivono la città e non vivono l'ambiente. Fanno le figurine, però se solo spendessero un terzo del loro patrimonio sarebbe serie A senza discussioni. Dall'anno prossimo non si può più scherzare".
Un progetto vincente che passa dal mercato estivo: “Carletto Mazzone diceva 'puoi sbagliare la moglie, puoi sbagliare tutto ma non l'attaccante'. La società deve avere un progetto e dire 'cosa facciamo col Palermo?'. Non è né il Sudtirol né il Pontedera, nella scelta dei giocatori i rosanero devono essere la prima opzione per la proprietà”. Un passato prevalentemente in rosanero e un presente che lo vede impegnato in altre attività: “Avevo un bar ma l’ho venduto durante la pandemia. Con mio cugino abbiamo ristoranti e diverse attività. Gestisco anche un’industria di liquidi per sigarette elettroniche. Il calcio? Sono vicino a quel mondo lì – ha detto – mi hanno cercato anche per fare il consulente di mercato ma io non mi rivedo più nel calcio di oggi, si pensa solo ai soldi e agli sponsor”. Una postilla finale poi l’ha dedicata alla città di Palermo: “Torno spesso, sono stato lì questo inverno. Ho tanti amici, mi hanno sempre trattato tutti bene e difeso in ogni situazione”
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