Pur avendo un rapporto «di conoscenza e di estrema confidenza» con l’ex presidente del Palermo calcio Giovanni Giammarva, il giudice fallimentare Giuseppe Sidoti non si astenne dall’incarico di giudice relatore nell’ambito della procedura pre-fallimentare del club rosanero.
Il tribunale, che poi respinse l’istanza dei pm, nominò, inoltre, consulente nella superperizia sulle casse della società Daniele Santoro, anche lui legato da rapporti professionali pluriennali con Giammarva.
Sono alcuni dei punti su cui si basa l’accusa della Procura di Caltanissetta che indaga sul giudice Giuseppe Sidoti e su Giovanni Giammarva, ex presidente del Palermo calcio, per un’ipotesi do corruzione finalizzata a pilotare la sentenza sul fallimento della società calcistica. Giammarva e Sidoti sono stati interdetti per un anno dal gip. Il magistrato risponde anche di rivelazione di notizie riservate e abuso d’ufficio.
Secondo i magistrati nisseni, le intercettazioni delle conversazioni tra Sidoti e il consulente proverebbero la «volontà del giudice di orientare l’esito del procedimento in senso favorevole alla società». Il magistrato avrebbe dato al consulente «una serie di direttive finalizzate a non far emergere nell’elaborato peritale criticità delle quali entrambi erano a conoscenza, con riguardo in particolare alla falsità dell’operazione di cessione da parte della U.S. Città di Palermo S.p.A. ad ALYSSA S.A. (società di diritto lussemburghese riconducibile sempre a Zamparini) delle quote di MEPAL s.p.a. (società detentrice del marchio del club rosanero) per 40 milioni di euro e alla solvibilità della stessa ALYSSA S.A. e di GASDA (holding del gruppo ZAMPARINI, fideiussore del credito di ALYSSA S.A.)».
Dall’atto di accusa della Procura emerge inoltre che il giudice invitò Santoro a effettuare nella perizia simulazioni sull'integrale svalutazione del credito di 40 milioni vantato dalla società calcistica, ma solo bilanciando l’eventualità con quella della ipotetica promozione in serie A (peraltro non realizzatasi).
Le criticità via via riscontrate dai consulenti tecnici sarebbero state riferite dal magistrato all’avvocato del club Paolo di Trapani (anche lui indagato) per consentire alla società «di porre in essere accorgimenti strumentali a scongiurare la dichiarazione di fallimento», dicono i pm.
Sidoti, al termine della procedura, avrebbe dunque scritto un decreto di rigetto dell’istanza di fallimento, da considerarsi - scrivono i pm - «atto contrario ai doveri di ufficio, in quanto adottato in violazione dei doveri di imparzialità».
In cambio della sentenza di favore, che rigettò la richiesta di fallimento del Palermo calcio, il giudice fallimentare Giuseppe Sidoti, accusato di concorso in corruzione, avrebbe ottenuto dall’ex presidente rosanero Giovanni Giammarva un incarico nell’organismo di vigilanza della «U.S. Città di Palermo» S.p.A. in favore dell’avvocatessa, Vincenza Palazzolo, legata al magistrato.
Il gip di Caltanissetta, che ha disposto per Giammarva e Sidoti la misura interdittiva della sospensione per un anno, ha riconosciuto la sussistenza della «corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio» e il rischio di reiterazione del reato. Il giudice, nell’ordinanza, parla di «gravità delle condotte poste in essere dagli indagati, della reiterazione nel tempo e dalla particolare pervicacia e spregiudicatezza dimostrativa del loro inserimento in un contesto di scambi di favori».
Sidoti è stato sospeso dall’attività di magistrato, Giammarva dalle attività di amministratore giudiziario e ausiliario del giudice nei procedimenti civili, penali e amministrativi, dall’attività professionale di dottore commercialista e non potrà ricoprire incarichi direttivi all’interno di persone giuridiche e imprese.
Sidoti è indagato anche per abuso d’ufficio: nel 2018 diede un incarico di curatore fallimentare all’avvocatessa Vincenza Palazzolo, evitando di astenersi «per gravi ragioni di convenienza», scrivono i pm, visti i rapporti che lo legavano alla donna.
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