PALERMO. L’Orto Botanico raccontato da un personaggio che lo vive ogni giorno e che ogni giorno esulta, ad esempio, perchè riesce a tenere in vita la pianta più antica del giardino, la Melaleuca. Un uomo, un orto e la sua «filosofia vegetale» che si muove lenta, riflessiva e felice ai tempi del web. La vita del curatore dell'Orto Botanico di Palermo Manlio Speciale che ogni mattina arriva in bicicletta e va in esplorazione controllando tutta l'area. Con notes e penna o con il registratore per prendere appunti sullo stato di salute delle piante. E mentre sorveglia e cura, prende dall'Orto il suo sistema di vita. Come in sintonia con la crescita dei vegetali: è un curatore che respira con l'Orto e vive «verde», una moglie americana laureata a Berkeley, una figlia che si chiama Flora. E una vita influenzata «dall'osservazione delle piante, salva dai ritmi urbani, che fa apprezzare lo scorrere del tempo e delle stagioni». L'Orto Botanico cambia la vita, «come appartenere a una molteplicità, a un grande sistema biologico che evita gli errori della fretta e della superficialità, come una rivisitazione del concetto di tempo». Per esempio ritrovare il bello della grandissima pazienza che perdono tutti, quella che necessita nelle cure di una cicas «e in alcune specie in particolare: sono piante ancestrali, alcune di una lentezza sconfinata e la loro osservazione porta a un modo che in qualche maniera contesta e si oppone ai tempi umani. E passa alla mentalità delle ere geologiche». La vita di ogni giorno dell' Orto Botanico edel suo curatore, vincitore dieci anni fa del concorso per un dottorato di ricerca in Scienze Botaniche all' Università di Palermo, e che da allora respira e vive in vegetale. Manlio Speciale segue la stagione di rilancio e di nuove acquisizioni dell' Orto Botanico, raccoglie l' arrivo di specie da ogni parte del mondo e fra gli esemplari messi a dimora in questi ultimi mesi cita il Podocarpus parlatorei, una specie argentina dedicata al grande botanico palermitano Filippo Parlatore; il Pandanus furcatus, espressiva pianta indiana. E tra le palme: Hyphaene coriacea, la palma Dum dell' Afri ca tropicale; Bismarkia nobilis, argentea e grande palma del Madagascar; Acrocomia aculeata, spinosissima palma dell' America tropicale; Roystonea regia, la Palma Reale Cubana, dallo stipite ingrossato alla base. E ancora tra le cicadee: Lepidozamia peroffskyana, elegante zamiacea australiana, in questo momento in fruttificazione; Cycas ophiolitica, lentissima e ancestrale cicadea australiana; Encephalartos kisambo, originario del Kenia. Ma fra la vita che arriva e quella che se ne va per naturale ciclo c' è anche il dramma della vecchiaia e della morte. E oggi in un angolo dell' Orto botanico, di fronte alla Serra Carolina, si assiste all' ultima fase di una delle piante più antiche delle collezioni. «Un esemplare con oltre duecento anni di storia, una pianta oggi vecchia e bisognosa di cure, addirittura più vecchia del Ficus magnolioide che è il capostipite di tutti i ficus siciliani e proietta le sue chiome per una superficie di oltre duemila metri quadri, ebbene - racconta lo studioso dell' Orto - la Melaleuca, questo è il nome del vecchio esemplare, è ancora più antica del ficus capostipite di tutti i ficus. Questa vecchissima piantasi estende quasi tutta raso terra, è un vegetale procombente, o strisciante e l' abbiamo sostenuta con bastoni come si puntellano i vecchi esseri umani». Sembra una fase terminale per la Melaleuca «e invece con il sistema dei bastoni di sostegno questa vecchia pianta che ricorda una persona sta ancora abbastanza bene, resiste, quest' anno è addirittura fiorita, è come uscita dalla fase grave: oggi la Melaleuca sta bene». Un Orto botanico di vita e di tragedie vegetali, e fra le sue storie c' è anche quella di un caso terminale, il vecchio Bambù Gigante colpito come da un maleficio. È una anziana pianta che si trova intorno all' acquario, e che deve evitare di fiorire perchè se fiorisce muore. «Il Bambù Gigante ha più di cento anni ed è entrato nella storia dei viaggiatori intellettuali del passato, ha una funzione paesaggistica, è nella letteratura dei grandi tour ed ora è vicino alla conclusione del suo ciclo. E come le agavi, come il banano, la sua morte coinciderà per uno strano destino con la fioritura e fruttificazione. Oggi la nostra delicatezza consiste nel lasciarlo in pace, tranquillo, non tocchiamole foglie secche che cadono dai suoi rami, non muoveremo nulla perché ogni movimento potrebbe portarlo alla fine ed essere fatale: lo lasceremo il più tranquillo possibile, ci terremo lontani dal vecchio Bambù Gigante, sappiamo che se fiorisce muore e solo se non fiorisce potrà continuare a vivere». La storia del curatore che parla alle piante e vive a ritmo vegetale è anche quella di un uomo che suona con il verde e con il vento che lo muove, con gli insetti che volano intorno o rodono dentro. In concerti anche all' Orto Botanico e con musicisti come Stefano Zorzanello o Dario Lo Cicero, flauto, ottavino, e il violino autodidatta di Manlio Speciale: la musica ecologica su battute improvvisate, l' acqua delle fontane, le cicale e il volo di insetti, «sopra la collinetta mediterranea sotto via Tiro a Segno, fra le piante che esprimono un suono, una comunicazione segreta, non parlano ma si muovono con radici aeree, diffondono suoni con l' acqua. Le piante ci comunicano an che così il loro linguaggio segreto». Uno studioso di botanica che osserva la fenologia delle piante, il loro accrescimento, i loro ritmi biologici eden tra in sintonia con loro in un rapporto di vera a propria biofilia: come una empatia profonda - sostiene - «con questi essere così lontani filogeneticamente ma cosi vicini nella loro più ancestrale familiarità. Noi che viviamo in un' era tecnologica fatta di elettronica e di vita metropolitana, oggi piu che mai stiamo ritornando a sentire il bisogno di un rapporto vero, autentico e soprattutto diretto con il mondo vegetale. Un mondo che è popolato da esseri che per loro natura sono i nostri veri compagni di vita».