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Omicidio di Mafia ad Altofonte
Dopo 33 anni un pentito confessa

Gioacchino La Barbera riapre le indagini su un delitto del 1981: «Fu la prova di fuoco per entrare a far parte di Cosa nostra». A ottobre partirà il processo

PALERMO. «Questo omicidio, lo continuo a ripetere quasi in tutti i processi, è stato il mio omicidio di iniziazione, non ho motivo di nasconderlo, in quanto è stato proprio questo che mi ha dato l’input, la prova di fuoco per entrare in Cosa nostra. Subito dopo sono entrato a far parte della famiglia di Altofonte». Il delitto di cui parla il collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera è quello di Salvatore Cintura, 36 anni, che venne ammazzato con un colpo di fucile in un cantiere per la costruzione della Palermo-Sciacca, nella zona di Altofonte, il 23 maggio del 1981. Una data cruciale questa del 23 maggio per La Barbera: lo stesso giorno del 1992 fu infatti lui a dare il segnale che scatenò la strage di Capaci. A 33 anni dall’uccisione di Cintura, un raccoglitore di ferro con precedenti per furto - e pagò con la vita proprio il fatto di essersi permesso di rubare in un cantiere che «pagava a Cosa nostra» - il sostituto procuratore Amelia Luise ha iscritto nel registro degli indagati il reo confesso La Barbera, ma anche un presunto vecchio boss di Altofonte, Giuseppe Marfia, detto «Musolino», che gli avrebbe commissionato l’omicidio. Per Marfia il processo inizierà il 31 ottobre.
Il corpo di Cintura, che viveva con la moglie e due figli nella zona di via Perpignano, fu ritrovato il giorno successivo all’omicidio. Addosso l’uomo - tra tasche e calzini - aveva circa 800 mila lire. Il medico legale stabilì che la vittima venne prima torturata e poi finita con un colpo di fucile.

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