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Bambina da operare negli Usa L’Asp di Palermo pagherà un milione

Decisione dei giudici dopo che l’azienda aveva negato il sostegno: subito un acconto di 800mila euro per volare a Minneapolis. La piccola soffre di una rarissima malattia genetica

PALERMO. Se c’è una speranza, anche minima, chiunque ha il diritto di essere curato. E ha il diritto di ricevere senza limiti fondi pubblici per sfuggire alla morte, perchè sarebbe «incostituzionale qualsiasi norma che stabilisse tetti percentuali per rimborsi o anticipazioni a carico dello Stato o del servizio sanitario pubblico». Con queste motivazioni il Tribunale di Palermo ha condannato l’Azienda sanitaria provinciale a sostenere interamente le cure mediche sperimentali di una bambina di poco più di anno colpita da una malattia rarissima. Le cure costeranno oltre un milione, da versare all’Università di Minneapolis nel Minnesota. Ma non importa, se in ballo c’è la vita o una qualità delle vita migliore di quella che ha oggi una neonata tormentata dai dolori e costretta ad alimentarsi con sondino.
Una ordinanza d’urgenza, emessa dal giudice Enrico Catanzaro, senza precedenti per l’importo assegnato ma soprattutto perchè riconosce il diritto ad affrontare terapie sperimentali (non praticabili in Italia) con l’uso di cellule staminali. Aprendo così uno squarcio sulle malattie rare e sui limiti del sistema pubblico nell’affrontarle. La bambina ha una malattia genetica, si chiama Epidermolisi bollosa distrofica recessiva. Il suo caso, oltre che rarissimo, è anche fra i più gravi al mondo come ha certificato l’Istituto dermopatico dell’Immacolata di Roma. Descriverne i sintomi non è facile: nella forma più grave questa malattia della pelle provoca lesioni, bolle, ulcerazioni recidive e lacerazioni di trachea ed esofago. Può provocare perfino «la fusione delle dita delle mani» e le cicatrici che si creano dopo le lacerazioni ostruiscono l’esofago. Da qui il rischio continuo di soffocamento e la necessità del sondino.
La bambina lotta contro tutto questo. E i genitori non si sono arresi. Hanno cercato aiuto a Roma ma all’Istituto dermopatico dell’Immacolata - l’unico in Italia che studia questa malattia - hanno dovuto arrendersi: «Le cure apprestate presso le strutture nazionali sono inadeguate per questa rara patologia» ha riscontrato l’ordinanza appena emessa.
Viene fuori che c’è un altro centro, negli Stati Uniti, che da anni studia questa malattia: è il Bone Marrow Transplation center dell’Università di Minneapolis. Lì c’è un medico, Jacob Tolar, che ha messo a punto un protocollo che sta dando i primi risultati: si basa sul trapianto di cellule staminali e costa un milione e 42.539 euro.
A questo punto la famiglia McCann, padre americano e madre palermitana, decide di chiedere alla Asp - dunque alla Regione - l’erogazione dei contributi per l’assistenza sanitaria all’estero. E qui la situazione si complica. Per concedere i soldi è necessario il parere della Commissione sanitaria regionale, che si dice contraria alla terapia perchè «precedenti studi pilota hanno dato risultati modestissimi e ad alta mortalità» e perchè «la cura è ancora sperimentale e non vi sono statistiche di riferimento non essendovi stati ancora pazienti».
Ma gli avvocati della famiglia, Raffaella Sara Russo e il professor Marco Mazzamuto, hanno dimostrato che «sussistono elementi per ritenere che le cure prospettate possano avere una significativa chance di esito positivo».
Gli avvocati hanno contestato la tesi della Commissione sanitaria regionale, secondo cui «il contributo andava negato stante la mancanza di certezze sugli effetti terapeutici, gli elevati costi e i rischi per la bambina».
Ma le speranze invece ci sono. Anche se in Italia questa malattia è ancora misteriosa, negli Usa il trapianto di staminali facilita la produzione di collagene (la cui mancanza è la causa dei problemi) e ha ridotto del 50% le lesioni nella metà dei pazienti. La mortalità è stata ridotta e il miglioramento cutaneo è costante.
Tanto è bastato al giudice per decidere che la bambina ha diritto ai soldi perchè «verosimilmente esiste una apprezzabile chance di successo» anche se costosa. Da qui la condanna della Asp a cui però il giudice riconosce di aver rispettato le procedure e di non aver mai negato la gravità del caso.
Ma il giudice rileva soprattutto che «la piccola ha bisogno di cure continue e di assistenza, stante l’impossibilità di alimentarsi». E, questo è il punto fondamentale, il diritto alla salute non ha prezzo: «Il diritto alla vita - scrive il giudice nell’ordinanza - è un diritto fondamentale che impone piena ed esaustiva tutela. Pertanto non può nemmeno ipotizzarsi che delle cure indispensabili per evitare il pericolo di morte possano essere finanziate parzialmente». Per questo motivo la Asp dovrà versare subito almeno 834 mila euro per pagare l’acconto negli Usa. Dove la piccola volerà a giorni. La sua speranza è riposta in una cura che ha un nome da film di fantascienza, Protocollo Tolar, ma che è l’unica arma contro una terribile reale minaccia.

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