PALERMO. Otto pagine. Otto pagine zeppe di citazioni di decreti, circolari, sentenze. Che non indicano una soluzione «perché mancano sia una legge che una giurisprudenza chiara e univoca», ma che manifestano parecchi dubbi sul percorso seguito dal Comune nel chiedere alla società Italo Belga e altri gestori di lidi gli oneri di urbanizzazione per la costruzione delle cabine. Già. Il braccio di ferro sulle «capanne» - che la società ha cominciato a costruire a Mondello senza avere pagato e quindi senza avere ottenuto la concessione edilizia - si complica ulteriormente a sentire il lungo e complesso parere che l’assessorato regionale al Territorio ha emesso in risposta ai quesiti del Suap, lo Sportello unico delle Attività produttive, da cui è partito il «niet» alle strutture sulla sabbia a causa della mancanza del Pdum, il Piano di utilizzo del demanio marittimo. Piano che il Comune, come la quasi totalità delle amministrazioni siciliane, non ha ancora approvato. E che non è ancora neanche arrivato a Sala delle Lapidi. Il parere della Regione è cruciale. Perché è la Regione ad avere competenze esclusive in ambito urbanistico, competenze che «sovrastano» quelle del Comune. Ma il documento, che l’assessorato al Territorio ha ora mandato all’Ufficio legislativo e legale per un conforto giuridico, anziché dipanare la matassa, la intrica ancora di più. Pur mettendo una serie di paletti che sembrano lastricare di dubbi la strada intrapresa da palazzo delle Aquile. D’altro canto, spiegano dalla Regione, nessuno ha autorizzato l’Italo Belga ad andare avanti, a dispetto di quanto l’amministratore Gianni Castellucci abbia dichiarato l’altro ieri. La costruzione delle cabine però va avanti. Una sfida. Alla quale sembra inevitabile - da quel che trapela - che il Comune risponda con il sequestro da parte dei vigili urbani. Ma, paradossalmente, il sequestro potrebbe essere lo snodo della vicenda: perché è un atto impugnabile e la società potrebbe ottenere dal Tar, con buone possibilità di successo, una sospensiva «per danno grave e irreparabile». Al Comune e alla Regione l’accelerazione della società viene letta proprio in questa chiave. Intanto, si susseguono le manifestazioni anti-cabine guidate dal Movimento 5 Stelle e sostenute da sempre dal fronte ambientalista: domattina, di fronte al Charleston, i grillini e Legambiente lanciano l’evento «Mondello libera». Eppure la legge non è affatto chiara, come sostiene la Regione. Che pone una serie di dubbi. Primo: non è sicuro che le cabine possano essere considerate costruzioni. E, se costruzioni sono, la legge e le sentenze sono contraddittorie nello stabilire se siano precarie o no. Secondo: le tariffe che il Comune ha applicato per il calcolo degli oneri di urbanizzazione fanno riferimento a un vecchio decreto regionale che si applica alle strutture turistico-ricettive, «come alberghi, campeggi, villaggi, affittacamere, appartamenti per le vacanze». Non strutture balneari. Terzo: le costruzioni entro 150 metri dalla battigia sono vietate in modo assoluto tranne quelle che servono alla diretta fruizione del mare. Quindi, se le cabine sono da considerare costruzioni vanno vietate e basta (il Comune non potrebbe chiedere oneri né rilasciare concessione edilizia). Se non sono costruzioni, non hanno bisogno di alcuna concessione. Infine, la Regione non manca di fare rilevare anche un difetto, per così dire, procedurale. Il Comune, infatti, non ha mai revocato formalmente l’autorizzazione che finora è stata condizione sufficiente a dare il via libera alla costruzione delle strutture, prima che il Suap cambiasse marcia e invocasse la necessità di una concessione. Revoca che l’ Italo Belga e le altre 17 società coinvolte hanno più volte chiesto a mo’ di sfida. Non a caso. Anche questa potrebbe essere impugnata davanti al Tar. Infine, pure le due vie d’uscita che si leggono nel parere sembrano sbarrate: la legge regionale del 2005 dice, infatti, che in assenza del Pdum possono essere approvate nuove concessioni. Ma sull’edilizia non dice una parola. La salvezza (delle cabine) potrebbe stare in un decreto dello Stato, il 380, che autorizza strutture per 90 giorni «per esigenze contingenti e temporanee». Ma la Regione non l’ha mai approvato. E pensare che l’Ars lo recepisca in dieci giorni è pura utopia. Tutto mentre mancano due settimane all’inizio della stagione balneare.