ROMA. Gli imprenditori siciliani Luciano e Duilio Cassina, figli del conte Arturo - considerato dominus della manutenzione delle fogne a Palermo negli anni '70 e cavaliere del Santo sepolcro - sono stati arrestati dalla Guardia di Finanza di Roma per bancarotta fraudolenta. Avrebbero distratto oltre 33 milioni di euro da due società di costruzioni poi fallite. Luciano (che nel 1972 fu rapito dai corleonesi e rilasciato dietro riscatto di un miliardo di lire) e Duilio - rispettivamente di 76 e 69 anni - sono stati messi ai domiciliari dal Gip per la loro età e sottoposti a controllo tramite braccialetto elettronico. Una terza persona, Franco Carlos Salerno, considerato un prestanome dei Cassina, è stato portato in carcere. I finanzieri del Comando provinciale di Roma hanno eseguito stamani le tre ordinanze di custodia cautelare. Eseguite anche perquisizioni a Roma e Palermo nelle sedi di 16 imprese, di cui 11 in liquidazione da anni e gestite da altri tre indagati, raggiunti da avvisi di garanzia per gli stessi reati dei fratelli Cassina. Il monte debiti delle due società fatte fallire - secondo l'accusa - ammonta a 188 milioni di euro. L'inchiesta - denominata 'Clean Out', condotta dal Gico del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma e diretta dalla Procura della Capitale -, parte dal fallimento delle imprese edili «Ferratella S.r.l.» e «Farsura Costruzioni S.p.a.», entrambe appartenenti al gruppo Cassina. Le indagini hanno consentito di accertare come i fratelli Cassina, già durante la procedura di concordato preventivo della «Farsura Costruzioni S.p.a.», avessero operato per dissipare le residue sostanze dell'impresa, abbandonandola al suo destino e aggravandone il dissesto. Il tutto in danno dei creditori, specie dell'istituto di credito Sicilcassa, con il quale era in corso da anni un contenzioso. Il gruppo Cassina - dice la Gdf - era entrato in crisi nella seconda metà degli anni '80, in coincidenza con il contenzioso sorto con il Comune di Palermo, «relativamente all'appalto per la manutenzione di strade e fognature, conclusosi, nel novembre 2013, con la condanna al pagamento, a favore del Comune, di un risarcimento di ben 127 milioni di euro». Nel frattempo le imprese, che avevano la sede legale a Roma, sono state dichiarate fallite dal Tribunale della Capitale. In particolare, il fallimento della «Farsura costruzioni s.p.a.» è stato dichiarato, dopo l'ammissione al concordato preventivo, nel marzo 2010, mentre quello della «Ferratella s.r.l.», dichiarato nell'aprile del 2013, è stato richiesto dalla Procura della Repubblica di Roma come conseguenza dello stato di insolvenza emergente dal procedimento penale iscritto per la bancarotta della prima società. Gli investigatori sostengono che i Cassina hanno »falsificato documentazione bancaria, che ha consentito, almeno fino all'arrivo delle Fiamme Gialle, di occultare la distrazione
della somma di 2,6 milioni di euro ricevuti dalla ditta a titolo di indennizzo assicurativo di un rapporto che risaliva alla fine degli anni '60. Somma che è stata trasferita sul conto corrente personale di Duilio". Nonostante l'evidente dissesto - sostiene l'accusa - i fratelli hanno anche prolungato la gestione in bonis della società, con l'unico scopo di riscuotere i crediti maturati nei confronti di vari clienti, per lo più enti pubblici, per attività realizzate in epoca antecedente al dissesto. Non è la prima volta che il gruppo Cassina si trova al centro di inchieste. Il Conte Arturo, chiacchierato "potente" palermitano ha gestito appalti miliardari per decenni a Palermo (come la manutenzione di fogne e strade), a cominciare dagli anni Cinquanta, e in Sicilia e secondo molti pentiti godeva della protezione dei boss mafiosi dell'epoca. Duilio Cassina nel 1986 fu arrestato su ordine di cattura del sostituto Giuseppe Pignatone, allora a Palermo, per false fatturazioni per circa un miliardo mezzo di lire tra il 1983-1984.