PALERMO. «La gestione dei beni confiscati è il campo di maggiore debolezza del sistema. Il sistema si è rivelato vincente nei momenti dell’individuazione dei beni del sequestro e della confisca. Già qualche criticità si è manifestata nel settore dell'amministrazione dei beni durante la procedura. Dove poi si sono avute le dure sconfitte è stato nel campo della utilizzazione dei beni dopo la confisca definitiva». Lo ha detto il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo nel corso di un incontro organizzato a Palermo alla Caserma Cangialosi della Guardia di Finanza sulle nuove tecniche investigative per sottrarre beni e soldi alla mafia. Erano presenti anche il comandante delle Fiamme Gialle Ignazio Gibilaro e Silvana Saguto, presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. «È nella gestione - ha aggiunto Messineo - che la massa patrimoniale sottratta alla mafia avrebbe dovuto dare un ritorno economico notevolissimo. Questa fase del sistema avrebbe dovuto ristorare i cittadini del danno che avevano subito dalla organizzazione criminale restituendo i beni illecitamente sottratti. In questa fase non ha avuto successo. Le ragioni sono varie e ritengo ci voglia un ripensamento di tutto il sistema a valle della confisca definitiva». Per Messine «probabilmente c'è stata una certa disattenzione, delle preclusioni e chiusure mentali: come ad esempio la vendita dei beni confiscati alla mafia. Comunque è sotto gli occhi di tutti che un sistema che avrebbe dovuto produrre ricchezza si sta rivelando un onore per l'autorità statale. Questa è la nuova frontiera su cui bisogna tornare».