PALERMO. Samuele Caruso rimane freddo, impassibile, come se la parola "ergastolo", pronunciata dal giudice che lo ha condannato al carcere a vita non lo riguardasse. L'omicida, reo confesso, di Carmela Petrucci non tradisce emozioni, nonostante sia a pochi metri dall'ex fidanzata e sorella di Carmela, Lucia, che il 19 ottobre del 2012 colpì con venti coltellate dopo averne inferte due, mortali, alla vittima. Un femminicidio che scosse Palermo e che colpì profondamente i compagni delle due ragazze, gli studenti del liceo classico Umberto I, sempre presenti a tutte le udienze del processo che si è concluso oggi dopo circa quattro ore di camera di consiglio. I genitori di Carmela, Lucia e il fratello Antonino si accasciano sulle sedie durante la lettura del verdetto, piangono, si stringono. Non ci sono vincitori. E' una sentenza comunque "amarissima", come ammette il pm Caterina Malagoli. I genitori di Carmela, vestiti di nero, dicono solo: "E' stata fatta giustizia", mentre vanno via. Rimangono in silenzio il padre e la madre di Caruso che attendono il giudizio su una panchina, lontani dall'aula dove si decide sulla sorte del figlio. "Non è un successo - puntualizza l'avvocato della famiglia Petrucci, Marina Cassarà - ma è un'affermazione della giustizia. Noi non possiamo parlare di successo perché una persona è morta, un'altra è stata gravemente ferita". "C'è l'appello", come ricordano gli avvocati dell'imputato, Anna Pellegrino e Antonio Scimone, ma ci sono anche tanti anni di carcere davanti a Samuele che per qualche settimana ha sperato nel riconoscimento dell'incapacità di volere, certificata dalla prima perizia disposta dal gup e poi smentita dalla seconda. L'accusa non ha dubbi: quello che doveva essere un doppio omicidio era premeditato. Nei dettagli. "Lo dimostra - ha spiegato il Pm Malagoli - la mano fasciata dalle bende di Caruso, che viene visto con questa medicazione subito dopo l'omicidio. Così come il fatto che abbia cambiato maglietta, comprandone una nuova. Era lucido, ha voluto farlo. Ha desiderato e messo in pratica la vendetta per essere stato lasciato da Lucia. Anche la lettera che ha mandato ai genitori di Lucia è tardiva e non c'è un pentimento sincero, come dovrebbe essere in questi casi". "L'unica cosa che non puoi cambiare è la perdita di chi ami", aveva scritto Samuele, alias "tigrotto", nella sua bacheca di Facebook qualche giorno prima dell'omicidio. Una perdita a cui, evidentemente, non è riuscito a rassegnarsi.
E' lì che si è perso Samuele, a 22 anni, trascinando in un vortice tragico di dolore Lucia, all'epoca diciottenne, e la famiglia Petrucci, compagni e insegnanti. Oggi erano tutti lì, nell'aula 24 del Tribunale. Tutti tranne Carmela, uccisa a 17 anni.