PALERMO. Le domande attorno alle quali ruota tutta l'inchiesta sono essenzialmente due: quali sono i rapporti tra la famiglia Ponte e gli Sbeglia? E perché, in meno di 4 anni, gli albergatori avrebbero versato ai costruttori palermitani almeno 400 mila euro fatturando operazioni inesistenti? Punta ad approfontire proprio la natura di questo legame, il provvedimento notificato pochi minuti fa dai finanzieri del nucleo di Polizia Valutaria di Palermo, guidati dal colonnello Calogero Scibetta, alle tre società del gruppo Ponte, per le quali è stato appena nominato un amministratore giudiziario che avrà adesso sei mesi per spulciare archivi, faldoni e documenti. Nell'ambito dello stesso povvedimento, firmato dal gip Agostino Gristina, la Guardia di Finanza ha anche arrestato tre persone: Marcello Sbeglia, 42 anni (rampollo del noto clan di costruttori ritenuti punto di riferimento di diverse famiglie mafiose per la gestione degli appalti e per il controllo del cemento in città) e i titolari di due imprese edili, Salvatore Brusca, di 50 anni, e Gaetano Troia di 51. A questi due, ritenuti entrambi prestanome di Sbeglia, sono stati sequestrati due contesti aziendali ritenuti "inquinati" – la ditta individuale di Brusca e la società Ve.Co.Si. a r.l., riconducibile a Troia - mentre le tre società del gruppo Ponte alle quali è stata applicata la misura di prevenzione antimafia dell’amministrazione giudiziaria sono la Delta Finanziaria S.p.A., la F. Ponte S.p.A. e la Vigidas s.r.l., che gestiscono gli hotel Astoria, Vecchio Borgo e Garibaldi di Palermo.
Gli arresti e i sequestri di oggi fanno parte di una più ampia indagine diretta dal sostituto procuratore Gaetano Paci e coordinata dall'aggiunto Vittorio Teresi, che ipotizzano per i tre le accuse di intestazione fittizia di beni, mentre Sbeglia e Brusca rispondono anche di false fatture.
In particolare, Marcello Sbeglia, già destinatario di misure di prevenzione antimafia (sequestri di beni e società) assieme al padre, il noto costruttore Francesco Paolo (tuttora detenuto ai domiciliari e perquisito, sempre nella mattinata, dal reparto speciale della Guardia di finanza) è accusato di aver tenuto, occultamente, in nome e per conto del genitore, rapporti economici con la famiglia Ponte avvalendosi soprattutto di Brusca e della ditta intestata a quest'ultimo, al solo scopo di drenare ingenti somme di denaro dalle società riconducibili agli albergatori.