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Amia, falso in bilancio: in appello assoluzione e prescrizione per tutti

PALERMO. Tra prescrizioni e assoluzioni la sentenza che condannò gli ex vertici dell'Amia, la municipalizzata che gestisce la raccolta dei rifiuti a Palermo, per falso in bilancio e false comunicazioni sociali, in appello è stata totalmente ribaltata. La prescrizione è stata dichiarata per Orazio Colimberti, ex direttore generale dell'azienda, l'ex senatore Udc e presidente dell'azienda Vincenzo Galioto, Angelo Canzoneri, Francesco Arcudi e Paola Barbasso Gattuso.

Sono stati assolti perchè il fatto non costituisce reato, invece, i membri del collegio sindacale Gaetano Mendola, Antonino Giuffrè e Vincenzo Gargano, mentre è stata annullata per difetto di notifica la condanna dell'altro componente dell'organo Giuseppe Costanza.

La mancata presentazione della querela da parte dell'ex sindaco di Palermo Diego Cammarata, rappresentante del Comune di Palermo, socio unico dell'Amia e soggetto danneggiato dai reati, ha fatto sì che la procura abbia potuto contestare solo l'ipotesi di falso in bilancio prevista come contravvenzione e non quella che il codice disciplina come delitto. Ciò ha comportato, oltre alla possibilità di applicare, in caso di  condanna pene molto più basse, tempi di prescrizione più brevi.


Erano due gli episodi di falso in  bilancio contestati agli ex dirigenti dell'Amia. Il primo  relativo al 2005 e l'altro al 2006. Secondo l'accusa, con  l'intenzione di ingannare i soci, l'ex presidente del Cda, Enzo  Galioto, l'ex direttore generale Orazio Colimberti e i  componenti del Cda e del collegio sindacale avrebbero gonfiato  il bilancio dell'azienda inserendo false plusvalenze  apparentemente derivate da cessioni di automezzi e di sei unità  immobiliari da Amia Spa ad Amia Servizi Srl. In realtà  automezzi e immobili sarebbero rimasti nella disponibilità  dell'Amia perchè, contestualmente alla cessione, Amia servizi  avrebbe dato in locazione i beni ad Amia spa.    


Secondo i magistrati, gonfiando i bilanci gli amministratori  di Amia spa «avrebbero tratto un ingiusto profitto» in quanto  i loro compensi erano «ancorati ai risultati di esercizio  conseguiti». La rilevazione di utili derivanti da false  comunicazioni sociali, dunque, avrebbe consentito agli  amministratori di ottenere remunerazioni superiori a quelle che  altrimenti sarebbero state deliberate dal'assemblea dei soci.     Analogo il meccanismo ideato per truccare i conti nel  bilancio dell'anno successivo. Al processo l'Amia aveva la  duplice veste di imputata, ed è stata assolta, e al tempo stesso  di ente danneggiato. Come parte lesa ha diritto alla  corresponsione delle spese processuali. 

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