Palermo

Mercoledì 30 Aprile 2025

«Compriamo la casa di don Puglisi» Ma a Brancaccio scoppia la polemica

PALERMO. Sono scintille antiche che deflagrano a Brancaccio a pochi mesi dalla beatificazione di don Puglisi e a soli 24 giorni dal ventennale del delitto. Da una parte, il Centro di accoglienza Padre nostro onlus di Maurizio Artale, che ha preso le redini della creatura fondata dal prete e ne ha fatto una corazzata della solidarietà. Dall’altra, gli amici storici di don Pino, a cominciare da quel comitato intercondominiale (oggi associazione) che fu il più stretto alleato del sacerdote ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993.
A fare scoppiare contrasti covati da tempo, è l’ultima iniziativa del Centro Padre nostro, che ha lanciato una sottoscrizione pubblica per acquistare la casa popolare dove abitò don Puglisi per farne «un luogo dove permettere ai pellegrini di raccogliersi in preghiera». Sul sito del centro è apparso un avviso, con tanto di conto alla rovescia sulla somma ancora da trovare (37 mila euro) che illustra il progetto e dà conto dei finanziamenti già reperiti: 15 mila dalla Fondazione Mcmc di Lugano, altrettanti dalla Fondazione NoWomanNoLife di Lugano, cinquemila dalla Multi Veste Italia 4 Srl-Forum Palermo, cinquemila dall’associazione Medici dermatologici che ne aggiunge altri cinquemila. Cifre cui aggiungere — spiega il presidente Artale — i 18 mila ottenuti come risarcimento per le sentenze di costituzione di parte civile nei due processi e i 40 mila messi a disposizione direttamente dal Centro.
Ne mancano quindi 37 mila per raggiungere quota 135 mila, la somma che è stata pattuita con la famiglia che è diventata proprietaria dell’appartamento, dopo averlo acquistato dallo Iacp. Il 25 luglio è già stato fatto il preliminare d’acquisto, ma entro il 30 gennaio 2014 bisognerà pagare il saldo. Da qui l’idea della sottoscrizione popolare, perché «quella casa - spiega ancora Artale - possa diventare non un semplice museo, ma un luogo vivo dove incontrarsi, per crescere nella fede e nella sollecitudine verso i poveri».
Ma per gli amici storici di don Puglisi, questo è un atto che puzza di speculazione. «Non capisco — dice Pino Martinez, portavoce dell’associazione intercondominiale che subì minacce e attentati — quale sia l’esigenza di un luogo di preghiera per pellegrini, quando c’è già la chiesa a Brancaccio. Tutto questo mi rievoca la storia dei mercanti del tempio di Gerusalemme, che pensano ai propri interessi piuttosto che a pregare. Un’operazione che don Pino non approverebbe di certo». Storia antica, che si apre all’indomani della morte del sacerdote, quando a sostituirlo in parrocchia (e al Centro Padre Nostro, che è sua diretta emanazione) arriva don Mario Golesano, di cui Maurizio Artale è braccio destro. Quando Golesano se ne va — tra le critiche di molti fedeli e collaboratori storici di don Puglisi — resta Artale, che costruisce passo passo una realtà che dialoga con le istituzioni e con la politica, catalizzando fior di finanziamenti pubblici: un’imponente macchina della solidarietà nel nome di don Puglisi che allarga le sue attività ben oltre Brancaccio. Nessun rapporto più con la diocesi, a dispetto dello statuto che voleva il Centro come braccio operativo della parrocchia. Solo quest’anno la diocesi si «sveglia», si riprende la sede per avviarvi un’attività pastorale nel segno delle origini, dall’alfabetizzazione all’assistenza agli anziani, e costringe la onlus a spostarsi altrove. Ma Artale ormai ha nelle mani una macchina che si chiama Centro di accoglienza Padre Nostro onlus, riconosciuto come ente morale, con don Puglisi sorridente a campeggiare sul sito e decine di progetti avviati. «Già un anno fa — dice Martinez — tutti gli amici e i collaboratori di don Pino, da Gregorio Porcaro a Rosaria Cascio, hanno sottoscritto una lettera in cui ricordano che lui non voleva finanziamenti pubblici, che la sua azione era rivolta al quartiere, dove ancora c’è tanto da fare per combattere la cultura mafiosa. Il Centro si è mosso in direzione assolutamente diversa, oltre i confini siciliani e anche nazionali, e adesso questa iniziativa della casa è sconcertante». Artale replica sprezzante: «Noi siamo disponibili a confrontarci con gente che lavora, non con gente che vive di ricordi di don Puglisi e si è fermata. Io, è vero, don Pino non l’ho conosciuto ma sono stato illuminato da lui dopo la morte, come milioni di fedeli per san Francesco o per Gesù Cristo. Che don Puglisi non volesse finanziamenti è una cazzata, non li voleva dai politici mafiosi. Quanto alla casa, anche i fratelli di don Pino sono d’accordo, bisogna riprendersela».

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