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Fragalà, Scalia: «Piste e movente incerti, la mafia c’entra comunque»

Il procuratore aggiunto di Palermo: l’inchiesta non è conclusa. Le dichiarazioni della Vitale sono state fondamentali

PALERMO. Sono serviti quasi tre anni e mezzo per ricostruire quei circa venticinque minuti del 23 febbraio del 2010 in cui il penalista palermitano Enzo Fragalà veniva aggredito e massacrato a colpi di bastone sotto il suo studio, a pochi passi dal Palazzo di Giustizia. «E l’inchiesta, particolamente complessa, è tutt’altro che conclusa», afferma il procuratore aggiunto Maurizio Scalia che, con i sostituti Nino Di Matteo e Carlo Lenzi, ha coordinato le indagini. «Le piste sono numerose, tanto che il movente - aggiunge - non è stato ancora pienamente chiarito. Ma in un modo o nell’altro, in questo delitto c’entra Cosa Nostra».

Le indagini sono state molto lunghe e complesse e, per arrivare a questi arresti, è stato necessario un lavoro investigativo più che certosino...
«L’inchiesta, è bene chiarirlo, non è affatto conclusa: abbiamo individuato, crediamo con certezza, tre degli almeno cinque esecutori materiali del delitto, mancano ancora dei tasselli. Ma per arrivare a questo primo risultato, grazie al lavoro compiuto dai carabinieri, abbiamo potuto ricostruire con pezzi di filmati ripresi da diverse telecamere di sorveglianza, testimonianze, intercettazioni e tabulati telefonici, la scena e la dinamica del delitto».
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