
PALERMO. Rimane ancora oscuro il movente dell'omicidio dell'avvocato Enzo Fragalà, aggredito a colpi di bastone il 23 febbraio 2010 e morto tre giorni dopo in ospedale. Questa mattina sono stati arrestati gli esecutori del delitto, ma gli inquirenti assicurano che le indagini sono molto più ampie, le piste variano dall'ipotesi passionale a quella mafiosa. Il gup Ferdinando Sestito ha privilegiato nella sua ordinanza la tesi avvalorata dalla pentita Monica Vitale che sostiene di avere ascoltato una conversazione fra il compagno, Gaspare Parisi, mafioso di Borgo Vecchio, e Tommaso Di Giovanni, capomafia di Palermo-centro finito in cella due anni fa. Di Giovanni era contento che gli inquirenti avessero sbagliato a individuare l'esecutore del delitto Fragalà indagando Ivano Parrino. La collaboratrice avrebbe saputo inoltre che Fragalà sarebbe stato ucciso perché non si era comportato bene con la moglie di un suo cliente e il cugino dell'indagato avrebbe chiesto ai mafiosi di dare una lezione al penalista per il suo atteggiamento. Secondo la ricostruzione della pentita, infatti, il penalista, visto che il cliente detenuto per furti in appartamento, non lo pagava avrebbe fatto delle avances alla moglie per essere retribuito "in altro modo".
LA FAMIGLIA DI FRAGALA': "TENTATIVO DI DEPISTAGGIO" - La famiglia dell'avvocato Enzo Fragalà crede alla matrice mafiosa del delitto e considera «basso e squallido» il tentativo di accreditare un movente passionale del delitto adombrato dalla collaboratrice Monica Vitale. Con l'arresto dei tre indicati come esecutori materiali, osservano i figli e la moglie del penalista, è stato un «primo importante ma non definitivo passo per l'accertamento della verità». E la pista che chiama in causa Cosa nostra è sostenuta dalla presenza tra gli esecutori di «uomini legati alla criminalità mafiosa e ai suoi elementi di spicco». Questo conferma, a giudizio dei familiari del penalista, «l'interesse e la volontà delle famiglie mafiose alla eliminazione di un avvocato, come Enzo Fragalà, per motivi che possono solo ricollegarsi alla lodevole, corretta e leale difesa degli interessi dei propri assistiti». Il movente passionale viene considerato dai familiari alla stregua di un diversivo che appartiene a una consolidata tecnica mafiosa: quella di fare diventare un delitto di mafia un affare di donne. Per questo la famiglia esprime la «più ferma disapprovazione» per un tentativo di distorcere la verità sulla matrice del delitto. E si chiede come una «simile insinuazione possa essere stata, ad arte, diffusa dagli stessi ambienti mafiosi» che avevano decretato l'esecuzione di Fragalà «con il duplice scopo di gettare discredito sulla figura di un avvocato che della correttezza, della professionalità e degli alti valori e ideali aveva fatto la propria bandiera e, dall'altro lato, creare consenso che potesse giustificare l'uccisione».
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