PALERMO. La famiglia dell'avvocato Enzo Fragalà crede alla matrice mafiosa del delitto e considera «basso e squallido» il tentativo di accreditare un movente passionale del delitto adombrato dalla collaboratrice Monica Vitale. Con l'arresto dei tre indicati come esecutori materiali, osservano i figli e la moglie del penalista, è stato un «primo importante ma non definitivo passo per l'accertamento della verità». E la pista che chiama in causa Cosa nostra è sostenuta dalla presenza tra gli esecutori di «uomini legati alla criminalità mafiosa e ai suoi elementi di spicco». Questo conferma, a giudizio dei familiari del penalista, «l'interesse e la volontà delle famiglie mafiose alla eliminazione di un avvocato, come Enzo Fragalà, per motivi che possono solo ricollegarsi alla lodevole, corretta e leale difesa degli interessi dei propri assistiti». Il movente passionale viene considerato dai familiari alla stregua di un diversivo che appartiene a una consolidata tecnica mafiosa: quella di fare diventare un delitto di mafia un affare di donne. Per questo la famiglia esprime la «più ferma disapprovazione» per un tentativo di distorcere la verità sulla matrice del delitto. E si chiede come una «simile insinuazione possa essere stata, ad arte, diffusa dagli stessi ambienti mafiosi» che avevano decretato l'esecuzione di Fragalà «con il duplice scopo di gettare discredito sulla figura di un avvocato che della correttezza, della professionalità e degli alti valori e ideali aveva fatto la propria bandiera e, dall'altro lato, creare consenso che potesse giustificare l'uccisione».