PALERMO. In tre anni e mezzo è stato detto tutto e il contrario di tutto. Si è parlato di delitto passionale, di criminalità organizzata, di una vendetta. Alcuni mesi fa per l'omicidio di Enzo Fragalà, uno dei più noti penalisti palermitani, era emersa anche una pista professionale legata a un cliente rom, che avrebbe ucciso il legale perché deluso per un’assistenza risultata troppo onerosa e che non avrebbe sortito i risultati sperati, e cioè la scarcerazione di un presunto ladro.
Ma alla fine ha prevalso l'ipotesi maggiormente accreditata dai carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo, che fin dall'inizio si sono concentrati sul contesto criminale «puro» e sul delitto maturato in un ambiente mafioso. Gli arresti di oggi confermerebbero questa tesi e anche l'ipotesi che gli autori avrebbero utilizzato pure l’espediente di mettere false voci in giro (quelle di presunte insidie sessuali alla moglie di un detenuto) per squalificare la vittima e «legittimare», in qualche modo, il delitto. Falsando completamente e fuorviando gli investigatori rispetto al vero motivo dell’omicidio, un segnale alla classe forense.
Ad agosto la pista rom portò i militari a denunciare un uomo, anche se gli stessi investigatori non hanno mai creduto tanto a questa ipotesi. Di fatto, però, il penalista aveva molti clienti rom, con i quali i rapporti sono quanto mai difficili: si tratta infatti di una clientela che ha parecchio denaro a disposizione (sacchetti pieni di monete), ma se non paga subito è difficile poi rintracciare gli imputati o i loro parenti. Da qui «contrattazioni» e pretese di anticipi consistenti, per evitare di restare senza onorari. Gli zingari sono anche molto esigenti, quanto ai risultati che si prefiggono: in genere, la libertà o condanne miti.
Con il sospettato numero uno di questa pista Fragalà avrebbe avuto rapporti molto tesi: con scontri accesi e autentiche piazzate in studio, ricostruiti grazie alle testimonianze di colleghi e personale di servizio. La corporatura dell’uomo corrispondeva fra l’altro a quella descritta dai testimoni dell’aggressione. Il gesto isolato di una persona molto arrabbiata con l’avvocato è stato a lungo uno dei moventi privilegiati. Ma già un altro indagato, un altro ex cliente, aveva ottenuto l’archiviazione. Così come era entrato e uscito di scena anche un «picciotto» denunciato da un’anonimista di sesso femminile.
Le piste principali sono invece altre. Una era stata indicata dalla pentita Monica Vitale, amante di Gaspare Parisi, un picciotto emergente di Borgo Vecchio, e portava al clan mafioso di Porta Nuova: in questo caso tre le persone finite nel mirino c'era il boss Tommaso Di Giovanni, ritenuto il mandante. Ma i carabinieri avrebbero meglio precisato, adesso, la pista che porta a Cosa nostra. Allargando il campo delle indagini e ipotizzando responsabilità precise.